Benjamin Franklin e la civiltà cinese
Dave Wang 5 September 2007

Dave Wang è Manager della Hollis Library e professore aggiunto della St. Johns University

Gli studi degli ultimi due secoli su Benjamin Franklin dimostrano che “l’eredità di Franklin occupa un posto speciale nella cultura americana. È un personaggio che dobbiamo comprendere se vogliamo capire il carattere del popolo americano”: è soprattutto a lui, infatti, che dobbiamo la creazione di quella che oggi è chiamata civiltà americana. Nessuno al pari di Franklin ha saputo delineare con tanta precisione una visione della futura civiltà americana, intuendo che essa sarebbe potuta scaturita dalla civiltà europea.

Nell’ambito lungo processo di “rottura con il Vecchio Mondo”, Franklin ha cercato di trasformarsi da europeo in “americano”. Come si fa a diventare americani? O, detto in altri termini, come fare a costruire una civiltà americana? È mia convinzione che nel processo di costruzione della civiltà americana lo sforzo di Franklin di trarre degli insegnamenti utili dalla civiltà cinese abbia inciso notevolmente sul suo contributo alla formazione della civiltà americana. Alla “grettezza di idee sulle altre culture caratteristica del XVIII secolo” Franklin oppone infatti la sua apertura mentale, che lo spinse a volgere lo sguardo verso un “mondo lontano, che andava ben al di là delle banchine del porto di Boston e oltre i canoni del puritanesimo”.

Nelle sue opere Franklin raccontava il suo “amore per i libri sulla Cina”. Un amore assolutamente autentico: dall’epistolario e dagli scritti, che ricoprono tutto l’arco della sua vita, emerge infatti la sua ammirazione verso la cultura cinese. Egli ha esplorato praticamente ogni aspetto della civiltà cinese, dal versante spirituale a quello materiale. In questo articolo illustrerò lo sforzo di Franklin di trarre degli insegnamenti dalla filosofia morale di Confucio e dalla tecnologia industriale cinese.

LA FILOSOFIA MORALE DI CONFUCIO

In una lettera datata 6 luglio 1749, Benjamin Franklin scriveva a George Whitefield che Confucio rappresentava per lui un vero e proprio modello:

Vedendo il suo paese sprofondare nel vizio e imperversare ogni sorta di immoralità, egli [Confucio-l’autore] si rivolse dapprima ai governanti, dopodichè, quando con la sua dottrina ebbe conquistato i potenti alla causa della virtù, schiere di gente comune li seguirono. Questo modo di agire ha un’influenza straordinaria sul genere umano.

In realtà, ho scoperto, Franklin scrisse quella lettera sulla base della sua esperienza personale, dal momento che egli stesso aveva adottato la filosofia morale di Confucio quale modello di comportamento per perfezionare le proprie virtù ed esortare gli altri a coltivare le loro. Per tutta la sua vita Franklin si attenne a quella filosofia, trovando in essa ispirazione. E fu proprio seguendo la filosofia morale di Confucio, che concepì un “approccio sistematico al raggiungimento della virtù, fondato su un cammino graduale, passo dopo passo, verso la perfezione”.

Quel cammino verso la perfezione virtuosa era stato tracciato da Confucio: partire da se stesso passando poi alla famiglia, quindi allo Stato e infine a tutto l’impero.

Ecco ciò che Confucio propose ai principi: insegnar loro a correggere e perfezionare innanzitutto il loro intelletto, e poi l’intelletto e il carattere dei propri sudditi. Ma per lasciare un segno ancora più profondo, dopo essere disceso gradualmente dal governo saggio dell’impero alla perfezione della conoscenza, Confucio riascende, sempre gradualmente, dalla conoscenza illuminata al buon governo dell’impero.

Franklin seguì passo a passo il percorso morale tracciato da Confucio. Egli coltivò dapprima la sua virtù personale, poi esortò gli altri a coltivare la propria, infine cercò di promuovere la coltivazione della virtù in tutto il mondo. Uno degli insegnamenti di Confucio è che “non basta conoscere le virtù, è necessario amarle. Ma non è sufficiente amarle, bisogna farle proprie”. Acquistare la virtù era diventato dunque il principale obiettivo di Franklin. Già nel 1726 egli si diceva determinato a coltivare la propria virtù:

Non ho mai delineato un preciso disegno di vita, col che la mia vita è stata un susseguirsi confuso di scene diverse. Ora sto entrando in una nuova scena: aspettate dunque ch’io prenda alcune decisioni ed elabori una qualche linea di condotta e, da quel momento, potrò vivere come una creatura razionale a tutti gli effetti.

L’11 ottobre 1726, dopo circa tre mesi di traversata dell’Oceano, Franklin fece ritorno a Filadelfia. Fu pressappoco in quel periodo che intraprese il “coraggioso e difficile progetto di raggiungere la perfezione morale”. “Desideravo – scriveva – vivere senza mai commettere errori, trionfando così su tutto ciò a cui potevano indurmi l’inclinazione naturale, la consuetudine e la compagnia”. Franklin compilò una lista delle tredici virtù che, a suo giudizio, avrebbero costituito i capisaldi del suo perfezionamento morale. Le tredici virtù rappresentano la principale guida nel suo cammino verso l’impeccabilità morale. Quel modello di comportamento, diceva Franklin, non solo lo aveva reso “un uomo realizzato ma anche una persona migliore”. Vale la pena esaminare le fonti delle tredici virtù; a tal fine, nel seguente paragrafo, i lettori troveranno le tredici virtù enunciate da Franklin nella sua autobiografia. Ognuna di esse è seguita da citazioni tratte da The Morals of Confucius e i precetti dei suoi discepoli.

Le tredici virtù e le fonti delle tredici virtù

1) Temperanza: Non mangiare a sazietà, non bere fino a divenire euforico.

Non mangiare per il piacere che puoi trarne. Mangia per accrescere la tua forza; mangia per preservare la vita che il Cielo ti ha donato.

2) Silenzio: Non parlare se non per recar beneficio a te stesso o ad altri. Evita i discorsi futili.

Il silenzio è assolutamente necessario per il saggio. Il parlare pomposo, il parlare forbito, lo sfoggio di eloquenza dovrebbero essere per lui una lingua ignota, la sua lingua dovrebbero essere le sue azioni. Quanto a me, io mi asterrei del tutto dal parlare.

3) Ordine: Ogni tua cosa abbia il suo posto, a ciascuna delle tue attività dedica il giusto tempo.

Precetto di Franklin.

4) Risolutezza: Stabilisci di fare ciò che devi fare. Esegui senza fallo quanto hai deciso.

Dobbiamo limitare l’azione, eseguire e mettere in atto con onestà e costanza, per quanto è in nostro potere, la giusta decisione che abbiamo preso.
Egli dice che una volta che stabiliamo il fine da raggiungere, è necessario tendere verso questo fine percorrendo le strade che ad esso conducono; confermando giorno dopo giorno nel proprio animo la decisione presa per il raggiungimento di quel fine, consolidandola in modo così saldo che niente mai potrà farla vacillare.

5) Parsimonia: Non spendere nulla se non per far del bene a te stesso o ad altri, vale a dire non sprecare niente.

Colui il quale va fiero dei suoi costumi e non ama la parsimonia, non è incline allo studio della saggezza; non si dovrebbe avere alcuno scambio con lui.

6) Operosità: Non perdere tempo. Sii sempre impegnato in qualcosa di utile. Evita ogni azione superflua.

Egli voleva che rifuggissimo l’ozio. Lotta notte e giorno contro i vizi. In qualsiasi cosa intraprende cerca di essere diligente e preciso, prudente e ponderato nelle parole.

7) Sincerità: Non ricorrere a sotterfugi che possono causare danno. I tuoi pensieri siano innocenti e tali rimangano se decidi di esprimerli.

Sii serio e non precipitoso nelle risposte. Egli è moderato e riservato nei suoi discorsi; parla con circospezione; se ritiene di aver bisogno di un’abbondanza di parole, preferisce non dire, si trattiene.

8) Giustizia: Non offendere nessuno, facendogli un torto o trascurando il dovere di fargli del bene.

Il primo riguarda la giustizia che dovrebbe regnare tra un re e i suoi sudditi.

9) Moderazione: Evita gli estremi. Trattieniti dal risentirti dei torti per come pensi che meriterebbero.

Quando ci abbandoniamo a una gioia smodata o a un eccessiva pena, non si può dire che il nostro animo si trovi nello stato in cui dovrebbe essere, che sia retto e onesto.
Egli dice che è sempre necessario osservare la moderazione poiché spesso le nostre passioni sono turbolente, e che non dovremmo cedere ciecamente ad esse, neanche alle passioni più lecite, innocenti e ammirevoli, ma dovremmo valutare sempre i loro moti; occorre interpellare la ragione.
Riconosci i benefici dai benefici che ne provengono, e non vendicare mai le offese.

10) Pulizia: Non tollerare alcuna sporcizia nel corpo, negli abiti o in casa.

Sii sempre pulito.

11) Tranquillità: Non agitarti per le inezie o per gli accidenti comuni e inevitabili.

Precetto di Franklin.

12) Castità: Di Venere usa raramente, solo per mantenere la salute o procreare, mai fino a saziarti, a infiacchirti o a pregiudicare la tua o l’altrui pace o reputazione.

Il terzo raccomanda la fedeltà coniugale al marito e alla moglie.

13) Umiltà: Imita Gesù e Socrate.

Sforzati di imitare il saggio e non perderti mai d’animo.

Oltre alle succitate tredici virtù, occorre menzionarne un’altra: la carità, l’amore verso il prossimo. Molti ritengono che questa virtù sia stato il “grande principio” che ha guidato tutta la vita di Franklin. Perciò il fatto che egli abbia deciso di non includere questa virtù così importante tra i principi morali da coltivare ha stuzzicato la curiosità degli studiosi. La risposta forse più convincente a questo enigma, e che peraltro ha riscosso ampio consenso tra gli studiosi, l’ha fornita il professor Morgan: secondo lui, l’omissione è da attribuirsi al desiderio di Franklin di “affermare dentro di sé la superiorità di una ‘perfezione morale’ che non avesse nulla a che fare con il cristianesimo”. Il parallelismo illustrato nella tabella dimostra chiaramente che undici dei quattordici valori enunciati da Franklin si ispirano a The Morals of Confucius.

LA TECNOLOGIA INDUSTRIALE DELLA CINA

Nello studio della tecnologia cinese Franklin si concentrò, avendo sempre ben presente le esigenze del Nord America, su quelle tecnologie in grado di migliorare la qualità e il livello di vita del popolo, come ad esempio i materiali per l’abbigliamento, il riscaldamento delle abitazioni e le tecniche per rendere più efficienti i trasporti. Egli cercò di scoprire il segreto delle candele decorate prodotte in Cina e gli ingredienti utilizzati per produrre un particolare tipo di aceto, e riuscì perfino ad acquisire delle nozioni sull’“eclissi di luna nei pressi di Canton”. In questa sezione analizzerò gli studi condotti da Franklin sulle tecnologie cinesi applicate, in particolare nel settore dell’industria della seta, dei sistemi di riscaldamento e nelle tecniche di navigazione.

La tecnica di sericoltura

Nella primavera del 1763 Franklin fece visita al reverendo Ezra Stiles nella sua dimora di Newport, nel Rhode Island, per discutere con lui dei suoi esperimenti nel campo dell’allevamento dei bachi da seta. Proprio in quel periodo i 3.000 bachi di Stiles stavano cominciando ad avvolgersi nel bozzolo, e il reverendo si era dato molto da fare per riuscire a reperire una quantità di foglie di gelso sufficienti a nutrire i bachi. Per dare il suo contributo all’esperimento di Stiles, nel dicembre di quello stesso anno Franklin inviò al reverendo alcune stampe “che riproducevano delle illustrazioni cinesi riguardanti il processo di lavorazione della seta”. Due anni dopo, per comprendere più a fondo lo sviluppo dell’industria della seta in Cina, Franklin cominciò a studiare la storia della seta cinese.

Non essendoci un collegamento diretto con la Cina, i bachi destinati al Nord America provenivano dall’Europa. Franklin allora sfruttò il suo soggiorno in Europa per approfondire le conoscenze sulla seta, in modo da poter aiutare i coloni nordamericani a dar vita a una propria industria della seta. “La seta europea – notò Franklin – è tutta gialla, così come gran parte di quella proveniente dall’India. La seta cinese invece è bianca”. Così cominciò a scandagliare le tecniche di coltivazione utilizzate in Cina. Scoprì che nella provincia di Chekiang (Zhejiang) “i gelsi vengono potati una volta l’anno” e che, grazie alla loro lunga esperienza, i cinesi “hanno imparato che con le foglie degli alberi più piccoli e più giovani si ricava la seta migliore”. Franklin imparò altresì che “il cambiamento di cibo, ad esempio il passaggio dalle foglie vecchie a quelle giovani, incide sulla qualità della seta. In Cina i prezzi variano tra la prima e la seconda filatura”.

Inoltre cercò di acquisire informazioni sulla coltivazione e la crescita dei gelsi nonché sulla lavorazione della seta. Nel febbraio del 1772 inviò a Cadwalader Evans alcune illustrazioni cinesi sul “processo di sericoltura, dall’inizio alla fine”. Sei mesi dopo scoprì che “in una provincia della Cina, in cui il clima è molto simile a quello del Nord America, se ne ricava una grande quantità (dal secondo raccolto)”. Quindi chiese ai proprietari della seteria di Filadelfia di provare a ottenere lo stesso risultato: “Se la pratica dei due raccolti non comportasse grandi inconvenienti, determinerebbe un notevole aumento nella vostra produzione annua”.

Tecnica di riscaldamento

Nella zona settentrionale del Nord America l’inverno è lungo e rigido. Nel periodo coloniale le abitazioni venivano riscaldate perlopiù accendendo il fuoco nel focolare, sebbene tale pratica fosse pericolosa e richiedesse molta legna. Franklin intuì che doveva esserci un metodo più efficace. A partire dagli anni ’40 del XVIII secolo, l’aumento demografico nelle colonie aveva determinato un vasto movimento di penetrazione nelle foreste, che fornivano il combustibile, cosicché riscaldare le case divenne sempre più costoso; inoltre, la legna che veniva utilizzata era inefficace e la maggior parte del calore – in molti casi i cinque sesti, stando ai calcoli di Franklin – andava dispersa dal comignolo. Nel processo di ideazione di un nuovo e più efficiente sistema di riscaldamento Franklin studiò la tecnologia cinese in questo settore, analizzando in particolare l’“ingegnosa” tecnica di riscaldamento utilizzata nella “Cina settentrionale”.

Come in altri casi, egli non si limitò a copiare la tecnologia cinese: dapprima studiò le loro tecniche e poi adottò gli elementi più funzionali. Peraltro, si rese conto che anche il sistema di riscaldamento cinese presentava qualche piccolo difetto. Ad esempio, “sulla parte inferiore della base si deposita la fuliggine, e un sottile strato di fuliggine impedisce molta della trasmissione diretta dell’aria calda alle tegole”. Franklin aveva dunque rintracciato la causa del problema. Ma lui non si accontentava di individuare il problema, lo sviscerava fino a quando non riusciva a trovare una soluzione. Per rendere il sistema di riscaldamento cinese più efficiente e introdurlo negli Stati Uniti, Franklin costruì “la canna fumaria vicino alla grata, in modo tale che tra il fuoco e la canna fumaria vi sia soltanto una piastra di ferro; attraverso questa piastra l’aria viene riscaldata nella canna fumaria, il che garantisce un’ottima aspirazione, costringendo il fumo a scendere”.

Fu così che, sfruttando le sue conoscenze sulla tecnica cinese di riscaldamento, Franklin inventò una stufa-caminetto nota ancora oggi con il nome di Caminetto della Pennsylvania. Egli risolse il problema inserendo un sistema di condotti e prese di ventilazione in modo tale che il dispositivo incanalava l’aria fresca da fuori, che veniva riscaldata in un condotto mantenuto caldo dai fumi di scarico del fuoco e infine diffusa nell’ambiente. Il principale vantaggio, sosteneva Franklin, era che la “stanza è riscaldata in modo uniforme, così non si è costretti a stare stipati attorno al caminetto, ma si può stare seduti vicino alla finestra, con il vantaggio di avere luce sufficiente per leggere, scrivere, lavorare a maglia, ecc.”

Tecnica cinese di navigazione

Franklin era affascinato dalle tecniche di navigazione messe a punto dai cinesi. Ciò che più di tutto lo aveva colpito era il loro “efficace metodo di suddivisione della stiva di una grande nave in tanti ambienti separati da pareti a tenuta stagna”. Lo scienziato americano mise allora in pratica i risultati dei suoi studi sulla tecnica cinese di costruzione delle navi, applicando la tecnica di “suddivisione delle navi in compartimenti stagni alla proposta di istituire un servizio di trasporto marittimo per passeggeri tra la Francia e gli Stati Uniti”.

“Siccome le navi non sono sempre cariche di merci”, disse agli armatori americani, “le stive potrebbero, senza alcun inconveniente, essere divise in ambienti separati alla maniera dei cinesi, e ciascuno di questi ambienti potrebbe essere accuratamente calafatato in modo da non far entrare l’acqua”. L’utilizzo di una tecnica del genere, che renderebbe le navi più sicure, “incoraggerebbe i passeggeri” a usare le navi. Oltre ai metodi di costruzione delle navi, Franklin studiò anche la tecnica di voga cinese. Per lui vogare non era un’attività sconosciuta: già da ragazzo aveva dato prova della sua abilità nel “manovrare una barca”. Poi, in età più matura, cominciò ad appassionarsi allo studio della tecnica di voga usato in Cina. Il metodo cinese, aveva scoperto, “differiva da quello in uso in Occidente”.

CONCLUSIONI

L’interesse di Benjamin Franklin verso la civiltà cinese era vastissimo, spaziava dalla filosofia confuciana alle tecnologie industriali. Tuttavia, rimane un interrogativo aperto: perché Franklin ha speso tanto tempo ed energie a studiare la civiltà cinese? Forse perché, come egli sosteneva, “non c’è garanzia più salda del futuro di quella che si fonda sull’esperienza del passato”? La dedizione con cui Franklin ha cercato di imparare dalla civiltà cinese era basata sulla sua convinzione che la Cina fosse “la più antica e, in virtù della sua lunga esperienza, la più saggia tra le nazioni”.

Per lui trarre degli insegnamenti dalla civiltà cinese era fondamentale per lo sviluppo del modello di vita americano. Proprio in quegli anni, un membro della Società filosofica americana, fondata da Franklin nel 1768, rivolgendosi al popolo americano disse: “Se fossimo così fortunati da riuscire a introdurre nel nostro paese l’industria cinese, la loro arte di vivere e le loro innovazioni nel campo dell’agronomia, così come la flora indigena, l’America potrebbe essere un paese popoloso come la Cina, cui è dato ospitare più abitanti di qualsiasi altro paese, di pari estensione, al mondo”.

Nel dedicarsi allo studio della civiltà cinese Franklin aveva in mente uno scopo ben preciso: gli interessava soprattutto la ricerca della felicità umana, sia dei singoli individui sia della società nel suo complesso. Egli voleva in questo modo accelerare lo sviluppo morale, economico e sociale dell’America del Nord. Franklin studiava la Cina per garantire al popolo nord-americano le risorse necessarie per fare dell’America un posto migliore. D’altronde, lo studioso americano aveva ragione a voler imparare dalla Cina perché, al tempo, era il paese più avanzato del mondo. Lo stile di vita cinese era “superiore a qualsiasi altro nel genere umano”. “La Cina era una miniera di creatività, conoscenza e prosperità”. I suoi principali punti di forza erano “l’operosità del suo popolo, l’elevato standard di vita, le loro competenze in campo agricolo e una popolazione numerosa”.

Gli insegnamenti che Benjamin Franklin ha tratto dalla civiltà cinese sono ormai un’eredità radicata nella civiltà americana. Le virtù confuciane di cui si è fatto promotore, e che si rispecchiamo nelle sue tredici virtù, sono state assimilate dalla civiltà americana. La tecnologia industriale che ha mutuato dalla Cina ha dato slancio allo sviluppo economico degli Stati Uniti. E, cosa più importante, l’apertura di Franklin verso la civiltà cinese si è trasmessa nel popolo americano, nella sua apertura verso le culture straniere.

Maggiori informazioni su Benjamin Franklin e la civiltà cinese sono disponibili al Sito ufficiale del 300esimo anniversario di Benjamin Franklin

Traduzione di Marianna Matullo

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