Le colpe dei media
Hassan El Araby intervistato da Alen Custovic 15 December 2009

Perché il popolo svizzero si è espresso in tal modo?

Da svizzero dico che i cittadini hanno sottolineato la propria volontà di vivere in pace senza che niente minacci la multiculturalità. Il problema è che alcuni hanno descritto gli stranieri come un pericolo, così la gente si è espressa contro i minareti perché qualcuno ha “giocato” sulle loro paure dipingendo i minareti addirittura come missili puntati contro la popolazione e i musulmani come minaccia.

Ma quali spiegazioni si è dato lei?

L’esito del referendum ha suscitato varie preoccupazioni; il Consiglio d’Europa, l’Onu e il Vaticano sono solo alcuni esempi di coloro che hanno manifestato le proprie perplessità. A tale risultato si è arrivati a seguito della compresenza di diversi fattori. Sicuramente c’è un’imperante logica della disinformazione. La colpa è dei media, che da alcuni anni vivono in stato di ebbrezza permanente alimentando l’odio contro gli stranieri, in generale, e contro i musulmani in particolare. C’è poi una certa destra che per mancanza di programmi politici cerca e trova voti facili attaccando gli stranieri. Senza dimenticare che la destra ha fatto una campagna unilaterale, perché i musulmani come minoranza non avevano mezzi propri per difendersi contro una campagna aggressiva e ingiusta. Anche la non partecipazione attiva o “lo stare alla finestra a guardare” delle altre forze politiche ha lasciato isolati i musulmani.

Non crede che ci siano anche responsabilità della “comunità musulmana”, ovvero una mancata integrazione con gli usi e costumi svizzeri?

La legge svizzera vede l’integrazione come un incontro tra due culture e due modi di essere. Ciò implica sforzi da entrambe le parti. In Ticino lavoriamo da più di vent’anni per questo incontro e tutti i politici, le riviste e le statistiche lo dimostrano. C’è chiaramente chi non si comporta correttamente e chi guarda solo i casi da prima pagina, strillati con tanto di nome e nazionalità per sottolineare lo stato di origine o la religione.

Si aspettava il “no” del referendum?

Non me l’aspettavo assolutamente, come d’altra parte molti politici, perciò sono sconcertato. Ciò mi fa intravedere un futuro incerto, e temo che chi abbia sollevato questo polverone non si fermi qui e, in modo irresponsabile, metta in gioco l’unità sociale.

Cambia qualcosa se una decisione del genere viene presa direttamente dal popolo oppure in camera legislativa?

Bisogna riconoscere che stiamo parlando di una grave discriminazione contro i musulmani, che avrà un impatto molto negativo su questa minoranza. Detto questo, sarebbe stato peggio se tale decisione fosse stata presa dalla camera legislativa, perché c’è molta differenza tra vivere in un stato razzista che emana leggi discriminatorie e vivere in un paese in cui alcuni politici strumentalizzano la paura della gente.

Crede che la Svizzera sia tradizionalmente “chiusa” oppure si tratta di un problema di oggi?

La mentalità popolare svizzera è tradizionalmente chiusa, lo dimostra il rifiuto popolare di entrare nell’Unione Europea; non dimentichiamo però che stiamo parlando di un popolo che ha fatto della diversità culturale e linguistica la sua forza. Credo perciò che stiamo vivendo un problema specifico dei nostri tempi.

Come ha reagito la stampa elvetica al referendum?

Si dice che i giornali svizzeri abbiano condannato tale esito. È vero, alcuni giornalisti l’hanno fatto, tuttavia non credo che bastino alcuni articoli in pochi giorni a cancellare una campagna di disinformazione che dura da anni: ci sono giornali che vivono sulle menzogne discriminatorie, ma nonostante ciò vengono letti.

Secondo lei la politica svizzera ha predisposto meccanismi effettivi di integrazione?

Anche se siamo ancora lontani dal risultato ideale, devo ammettere che ci sono sforzi della politica svizzera a favore dell’integrazione, ad esempio la creazione della Commissione per l’integrazione e contro il razzismo sia a livello federale sia a quello cantonale.

Questo referendum è “un formidabile regalo all’islamismo più eccessivo”?

Ammetto che ci sono musulmani che non comprendono in modo corretto l’islam, altri che si comportano in modo “chiuso” e altri ancora che sporcano di sangue il colore bianco del’islam. Il vero Islam invece è pace e convivenza, ne è testimone la storia di secoli di reale convivenza in Andalusia e in Medio Oriente.

In definitiva, che cosa rivela il referendum svizzero? E’ un campanello d’allarme per l’intera Europa?

Altro che. Se non lo è questo, cos’altro potrebbe esserlo? In Europa vivono più di 20 milioni di musulmani, alcuni dei quali di seconda e terza generazione; ad ogni modo molti non hanno altra patria e sono nati e vivono da sempre qui: cosa dovrebbero fare e dove dovrebbero andare se la materia del prossimo referendum fosse “Non vogliamo più musulmani in Europa”?

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