Giochi di potere a Parigi
Marco Cesario 31 July 2008

Nessun colpo di scena nell’elezione del presidente del Consiglio francese del culto musulmano (CFCM), il maggior organo rappresentativo delle comunità musulmane di Francia, che ha eletto per 40 voti su 54 il solo ed unico candidato presente in lista, ovvero Mohammed Moussaoui, professore marocchino di 44 anni, vice-presidente del RFM (Ressemblement des musulmans de France), che aveva ottenuto il 43,2% dei voti nel corso dello scrutinio del primo turno. Il consiglio d’amministrazione ha votato per il 72% in favore di una lista unica in cui figura il nome di Moussaoui e dei suoi tre vice-presidenti, rappresentanti delle principali correnti delle comunità musulmane francesi votate nel corso di un’elezione quanto mai contestata. Si tratta di Fouad Alaoui, vice-presidente e segretario generale dell’UOIF (Unione delle organizzazioni islamiche di Francia vicine ai Fratelli musulmani, che ha totalizzato il 30,2% al primo turno), Chems-eddine Hafiz, avvocato ed alto responsabile della Grande Moschea di Parigi, e Haydar Nemiryurek, presidente del Comitato di coordinamento dei musulmani di Turchia in Francia (CCMTF), che ha totalizzato il 12,7% dei suffragi.

Il presidente uscente del CFCM e rettore della Grande Moschea di Parigi Dalil Boubakeur aveva invitato a boicottare le elezioni in quanto giudicate non rappresentative ed addirittura anti-democratiche. In effetti, se il secondo turno che ha portato all’elezione di Moussaoui è stato soltanto una formalità per il consiglio d’amministrazione del CFCM, al primo turno, che doveva dare un volto preciso alle maggiori componenti dell’Islam di Francia, hanno partecipato soltanto 4.900 votanti su una comunità tra le più grandi d’Europa che conta quasi 5 milioni di persone. Su questa base ci si può legittimamente chiedere se le elezioni del CFCM siano realmente democratiche e se quest’ultimo sia realmente rappresentativo dell’Islam francese. In più, ciò che lascia oltremodo perplessi è il metodo arcaico attraverso il quale continuano ad essere designati gli elettori che dovrebbero rappresentare tutti i musulmani di Francia, ovvero in base alla superficie in metri quadrati delle rispettive moschee di appartenenza.

La lotta sotterranea tra Algeria e Marocco

Questo metodo permette alle grandi moschee (come quella di Parigi ad esempio) di possedere più elettori pur essendo meno frequentate rispetto alle piccole moschee spesso stracolme di fedeli. Mohamed Colin, direttore del quotidiano Saphirnews, aveva già avvertito che dalle urne sarebbe uscito un Islam ‘consolare’ e governativo e che le elezioni nascondono in realtà una lotta sotterranea tra l’Algeria ed il Marocco per accaparrarsi un’influenza diretta sulle comunità musulmane francesi. La Federazione della Grande Moschea di Parigi (FGMP), sostenuta dall’Algeria, e la Moschea di Lione hanno dunque voluto seguire le direttive di Boubakeur rifiutandosi di prendere parte al voto della prima tornata elettorale. Ma anche la strategia di Boubakeur è tutt’altro che chiara. Secondo i suoi detrattori la scelta di boicottare le elezioni non sarebbe stata dettata da una volontà precisa di rivendicare una maggiore rappresentatività del CFCM, ma esclusivamente dal fatto che quest’ultimo era oramai conscio di non poter contare più sul sostegno del governo francese. Ritirare la propria candidatura significava evitare una sconfitta certa.

La vittoria di Moussaoui

Un ritornello che il presidente uscente aveva già vissuto nel 2005 quando la FGMP non aveva raggiunto il quorum e nonostante questo l’allora ministro dell’interno Nicolas Sarkozy lo aveva fatto eleggere. Una politica pericolosa, quella dell’ex-ministro dell’Interno ed attuale presidente francese, in quanto nell’astruso tentativo di rispettare l’alternanza e l’equilibrio tra le due maggiori nazioni d’influenza (Algeria e Marocco) ha di fatto aumentato a dismisura il divario tra Islam istituzionale e comunità musulmane sul territorio (che protestano in quanto non si sentono assolutamente rappresentate). Brillante professore universitario di Avignone ed in attesa di ricevere la cittadinanza francese, Moussaoui è stimato dalle autorità e considerato il fautore di un Islam rispettoso dei testi fondatori e soprattutto « contestualizzato ».

Parla francese, arabo, berbero e inglese ed è effettivamente il rappresentante di un islam illuminato. Ma la scelta di Moussaoui, come in passato quella di Boubakeur, riflette la strategia politica delle autorità francesi la cui preoccupazione principale è sempre e solo quella di voler da un lato tranquillizzare l’opinione pubblica francese con la scelta di uomini di alto profilo e dall’altro, facendo entrare in forze il movimento dell’UOIF (minoritario sul territorio francese ma giudicato pericoloso per le sue posizioni estremiste), di catalizzare e neutralizzare le correnti più estreme dell’Islam francese. Il risultato scarso e controproducente appare evidente. Il CFCM appare sempre di più un’istituzione vuota e distante dalle popolazioni musulmane. E soprattutto pesa come un macigno un’elezione così palesemente ‘calata dall’alto’. Con queste premesse, Moussaoui riuscirà a ‘governare’ facendosi garante dei diritti e dei doveri dei musulmani di Francia? Difficile dare una risposta positiva. A lui il ministro dell’interno francese Michel Alliot-Marie ha affidato il compito di mantenere vivo “lo spirito d’unione e concordia di tutti i musulmani di Francia”, ma soprattutto di risolvere la gestione di dossier sensibili come l’organizzazione del pellegrinaggio alla Mecca, il controllo della qualità della carne halal e la costruzione di moschee. Moussaoui vorrebbe dal canto suo imporre un nuovo slancio al CFCM, razionalizzare l’organizzazione delle feste religiose, ma soprattutto applicarsi al nodo non sciolto della formazione degli imam. Ma il problema a questo punto è un altro. Anche Moussaoui infatti deve fare i conti con l’UOIF, che è divenuta di colpo la seconda forza del CFCM. Ed è proprio questo a preoccupare l’opinione pubblica francese.

Il ruolo di Sarkozy

Fiammetta Venner, giornalista francese di origini libanesi, che ha consacrato un libro alla questione (OPA sur l’islam de France : les ambitions de l’UOIF), sembra indicare la politica scellerata di Sarkozy come la principale responsabile dello stato di cose attuale dell’Islam francese. “Tutti i governi che hanno cercato di istituzionalizzare certi componenti dell’Islam – dice a Resetdoc.org – si sono dovuti arrendere all’evidenza che istituzionalizzare certe componenti dell’Islam significava dare adito all’integralismo religioso e nuovo potere a gruppi che hanno una visione radicale dell’Islam. In tutti i ministeri che si sono occupati della questione, erano gli intellettuali musulmani stessi e addirittura i conservatori a mettere in guardia i responsabili politici dall’istituzionalizzare gruppi simili. L’ultimo ministero ad occuparsene è stato quello diretto da Nicolas Sarkozy, che voleva imperativamente riuscire dove gli altri avevano fallito e che ha ignorato puntualmente tutti coloro che hanno cercato di metterlo in guardia. E, come conseguenza, ha commesso due gravi errori: il primo, quello di considerare che era necessario fare delle elezioni”.

“Perché non creare piuttosto un consiglio con intellettuali ed esperti del mondo musulmano per affrontare le questioni più spinose? – si chiede Venner – Quando si parla di elezioni è implicita la rappresentatività. Indire delle elezioni significa far credere alla gente che esse siano realmente rappresentative ma si sa benissimo che non lo sono affatto. Il secondo è stato quello di scegliere il metodo della superficie in metri quadri delle moschee come metro di rappresentatività. Questo metodo ha portato gruppuscoli estremisti, ma finanziati dallo Stato, a costruire grandi moschee fuori città assolutamente vuote ma che fanno pesare i loro metri quadri sulle elezioni. Gli eletti dell’Islam di Francia non sono dunque i rappresentanti dell’Islam di Francia ma i rappresentanti del numero dei metri quadri delle moschee”.

L’UOIF e i Fratelli musulmani

Secondo Venner e la maggioranza degli esperti in materia, l’UOIF è un movimento giudicato pericoloso in quanto vicino alle posizioni dei Fratelli Musulmani. In un reportage pubblicato recentemente dal settimanale francese L’Express dal titolo “La faccia nascosta dell’UOIF” si ripercorre la storia fosca di un gruppuscolo di attivisti islamici in esilio divenuto, per forza di cose, uno dei più importanti movimenti dell’Islam di Francia pur avendo scarsissimo seguito presso le comunità musulmane. Un altro paradosso della gestione di Sarkozy (quando era ministro dell’interno) consiste nel fatto che, nel vano tentativo di neutralizzare un gruppuscolo di attivisti, lo ha di fatto promosso ad interlocutore privilegiato dello stato francese. Il primo a puntare il dito contro l’UOIF è stato il Centro Simon Wiesenthal che in uno studio ha evidenziato a più riprese i suoi legami con i Fratelli musulmani e con lo sceicco Youssef al-Qaradawi, mentore spirituale dell’UOIF ed ideologo giudicato vicino alle posizioni di Hamas.

Secondo il Centro Wiesenthal l’UOIF finanzierebbe Hamas attraverso il fondo caritatevole palestinese CBSP (Palestinian Charitable and Relief Committee). Qaradawi sarebbe inoltre l’ispiratore di una strategia per islamizzare l’Europa. Egli, oltre ad essere presidente del consiglio europeo per la Fatwa e la ricerca (inaugurato a Londra nel 1997), presiede anche il consiglio scientifico dell’Istituto europeo di scienze umane (EIHS), un centro educativo per imam d’Europa che appare essere un braccio del FIOE, la Federazione delle organizzazioni islamiche d’Europa. Ma ciò che è più inquietante in questo personaggio sono i legami stabiliti tra Qaradawi e Al-Taqwa, la banca che finanzia operazioni terroristiche legate ad Al-Qaida ed i cui fondi sono stati congelati il 7 Novembre del 2001 dal governo americano. In seguito a questa operazione, Qaradawi è stato dichiarato persona non grata negli Usa. Ma non in Europa e soprattutto in Francia, dove è stato ripetutamente invitato proprio dai dirigenti dell’UOIF alla conferenza annuale di Le Bourget.

Oggi l’UOIF, con il suo 30,2% di voti ottenuti al primo turno dello scrutinio, ‘rappresenterebbe’ a livello elettivo un terzo della popolazione musulmana francese (ovvero quasi 1,5 milioni di persone), mentre il suo seguito ‘reale’ sarebbe stimato a meno di 20.000 persone. Paradossi di una gestione scellerata e centralista di un paese che continua a gestire il fenomeno dell’integrazione alla stregua di uno stato coloniale.

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