E se la Cina riscoprisse Marx?
Marshall Berman 16 February 2007

“I’ll never be your beast of burden.”

(dalla canzone “Beast of Burden” dei Rolling Stones, censurata dal governo cinese quando la band ha suonato a Shanghai nell’aprile del 2006).

Ogni cosa oggi sembra portare in sé il suo contrario. Alcuni possono desiderare di liberarsi delle tecniche moderne per disfarsi dei conflitti moderni. Sappiamo che perché la cosa funzioni, le nuove forze della società [hanno solo bisogno] di essere padroneggiate da nuovi uomini e che questi uomini sono gli operai. Essi sono un’invenzione dei tempi moderni proprio come le macchine stesse.
Karl Marx, Discorso in occasione dell’anniversario del People’s Paper, 1856

Le grandi dimostrazioni del 1989 in piazza Tienanmen erano argomenti potenti, con un governo che celebrava la caduta dell’autoritarismo maoista ma non aveva mai riconosciuto la cittadinanza o la libertà del suo popolo. Il governo cinese di oggi sembra ostinato come quello di ieri nel tenere serrate le porte alla democrazia e ai diritti umani. Ma il governo di oggi è riuscito brillantemente ad aprire l’economia della nazione e a permettere alla Cina di partecipare alla vita economica globale. Nell’ultimo decennio, l’economia cinese è diventata la più dinamica del mondo. E le industrie della Cina meridionale sono ora le principali produttrici mondiali non solo di articoli relativamente semplici come abbigliamento e scarpe, ma anche, sempre di più, di macchinari sofisticati: personal computer, lettori dvd, fotocopiatrici, fotocamere digitali. Non solo la Cina ha acquisito la padronanza delle tecniche di produzione di massa; essa ha dimostrato anche una notevole attitudine per l’alta finanza. Nell’estate del 2005, la compagnia petrolifera nazionale a controllo statale ha avanzato un’offerta di 18 miliardi e mezzo di dollari in contanti per rilevare Unocal, una delle più grandi compagnie petrolifere d’America.

L’accordo venne impedito dalle pressioni politiche negli Stati Uniti. Ma un riguardo completamente nuovo è comparso ora nelle discussioni occidentali sulla Cina. A New China Rises (‘Nasce una nuova Cina’), recitava un titolo della rivista Time nel giugno del 2005, mentre annotava che “la Repubblica Popolare ha abbracciato il mondo moderno come mai prima. È un motivo di celebrazione o di ansia?”; Chinese Strenght, U.S. Weakness (“Forza cinese, debolezza statunitense”) proclamava il New York Times nello stesso mese, mentre nel luglio del 2005 si chiedeva Who’s Afraid of China, Inc.? (“Chi ha paura della Cina, Incorporated?”) e descriveva “i broker della nuova potenza, nati in Cina, che concludono accordi con aziende statunitensi” e “la sindrome cinese su Wall Street”. Nel frattempo, la Cina ha sviluppato una brillante cultura cinematografica, un cinema che ricorda il neorealismo italiano, che ha dato al mondo una visione sia della meravigliosa estensione delle strade cinesi che delle pressioni interne che guidano le vite in Cina. Il sorgere della potenza cinese e il suo rapido sviluppo costituiscono una delle storie più avvincenti del tardo XX secolo.

Vent’anni fa, Deng Xiaoping fece innalzare enormi cartelloni in tutta la Cina che proclamavano: “Lo sviluppo è la tesi incontrovertibile”. Per come viene tradotto lo slogan di Deng oggi, gli spettacolari tassi di crescita della Cina non sono solo vincenti, ma mettono fine alla questione. Il governo parla con una retorica trionfalistica che, in realtà, echeggia in maniera degna di nota il linguaggio dell’Inghilterra del XIX secolo, all’apice di ciò che gli storici successivamente impararono a chiamare “Rivoluzione industriale”. L’Inghilterra stava godendo di una magnifica crescita industriale e andava conquistando ogni anno sempre più aree del mondo. I suoi mezzi di comunicazione di massa erano uniti in un’orgia di autocelebrazione. Eppure il suo livello di sofferenza umana era spaventosamente alto. Tanta della sua prosperità dipendeva dall’energia della sua classe operaia industriale, eppure gran parte di quella classe viveva nella povertà e nello squallore. L’Inghilterra vittoriana era leader mondiale per forza produttiva, ma anche per miseria umana. Molti erano consapevoli di questa miseria di massa. Ma la maggior parte di loro, quando pensava in maniera critica, denunciava la vita moderna nel suo complesso: speravano “di liberarsi delle tecniche moderne per disfarsi dei conflitti moderni”. Marx era più complesso: voleva affermare e celebrare il progresso umano, ma anche combattere i suoi oltraggiosi costi umani. Il suo pensiero potrebbe essere definito ragionamento di contraddizione.

La libertà della soggettività

Oggi ogni cosa sembra portare in sé il suo contrario. Vediamo macchine, dotate del potere di ridurre e ottimizzare il lavoro umano, affamare e ammazzare l’uomo di lavoro. Le nuove fonti di ricchezza, per qualche malefico incantesimo, si sono trasformate in sorgenti di miseria. Le conquiste della tecnica sembrano ottenute a prezzo della loro stessa natura.

Nella Cina di oggi ci sono buone ragioni per affermare che “ogni cosa porta in sé il suo contrario” e per cercare un linguaggio che possa afferrare e penetrare le sue contraddizioni interne. È paradossale che, per decenni, una parodia del marxismo sia stata imposta su una Cina retrograda e contadina che non avrebbe potuto digerirla. È soltanto ora, mentre la Cina attraversa uno sviluppo drammatico ed esplosivo, che il ragionamento di contraddizione di Marx può offrire una potente prospettiva critica della sua vita reale. Quando avanzo questa tesi, parlo in quanto formatomi all’interno della nuova sinistra americana ed europea. Il nostro movimento, poststalinista e antistalinista, è nato nel 1956, quando ero giovane. Forse oggi, mezzo secolo più tardi, dovremmo chiamarci la vecchia sinistra. Forse di noi oggi non ce ne sono molti, probabilmente non ce ne sono mai stati. Ma abbiamo qualcosa di utile da dire. Per noi, la sua visione della soggettività moderna è il tema centrale di Marx.

Egli condivide l’idea di Hegel secondo cui il “principio del mondo moderno è la libertà della soggettività”. Sosteniamo che Marx sviluppi quest’idea e l’approfondisca. La libertà della soggettività è il centro vitale della critica al capitalismo moderno operata da Marx. Durante il suo viaggio di nozze a Parigi nel 1844, immaginava il comunismo come il culmine dell’umanismo borghese. In Proprietà privata e comunismo, individua il suo soggetto storico come “l’essere umano ricco”: “La società costituita produce l’uomo nell’interezza del suo essere, produce l’uomo ricco, profondamente dotato di tutti i sensi, come sua perdurante realtà”. Questo “aver bisogno di una totalità di manifestazioni di vita umana” deriva dal sentirsi alienato e oppresso dal capitalismo; egli è costretto a chiedere una vita migliore di questa. Nel Manifesto, Marx definisce la società comunista come una società dove “il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti”.

Marx presuppone l’Illuminismo e le sue idee centrali, i diritti umani universali e la democrazia politica. Egli presuppone le rivoluzioni inglese, americana e francese e vede il comunismo come modo per adempiere alle loro promesse mancate di cittadinanza democratica e diritti umani. Tra le generazioni che hanno fatto le rivoluzioni russa e cinese, c’erano milioni di uomini e donne che immaginavano il trionfo di queste rivoluzioni, nel 1917 e nel 1949, come una possibilità per rendere reali queste promesse nelle loro vite. Ma le élite di Stato e di partito che presero il controllo dell’Unione Sovietica e della Repubblica Popolare cinese erano, nel migliore dei casi, indifferenti a queste libertà e più spesso violentemente ostili ad esse. Masse di persone in Unione Sovietica e in Cina desideravano la realizzazione delle promesse della vita moderna. Ma le nuove élite negarono che tali promesse fossero mai state fatte. I modelli politici che per loro significavano di più erano comuni di contadini, monasteri religiosi, imperi militari, tutte collettività opprimenti che annullavano l’individuo.

“Il maccartismo cinese”

Il comunismo dei governanti trovò la sua espressione più chiara e crudele nel Libro Rosso di Mao degli anni Sessanta: “L’individuo è nulla, la collettività è tutto”. Ciò che Marx intendeva con il comunismo non potrà neppure essere immaginato finché lo stalinismo e il maoismo non verranno rovesciati. Solo allora i soggetti moderni potranno emergere e agire. La visione di Marx della vita moderna è satura di paradossi. Il suo senso del paradosso si fonda sul modo in cui egli usa il termine “contraddizione”. Dal momento che i soggetti moderni iniziano ad agire – dice – le loro azioni sono cariche di paradossi e contraddizioni. Il primo grande paradosso di Marx è tragico: il capitalismo moderno promette la libertà soggettiva, ma aliena le persone da se stesse. Le pressioni della società di mercato trasformano l’individuo in una macchina da soldi (alcune di queste macchine producono più denaro di altre). Tuttavia, va a finire che i lavoratori hanno il potere per sconfiggere la propria alienazione, grazie al secondo grande paradosso di Marx, che è comico. Nel Manifesto, Marx scrive: “La borghesia non può esistere senza rivoluzionare costantemente gli strumenti di produzione, e quindi i rapporti di produzione e con loro l’intero complesso di rapporti all’interno della società. Il rivoluzionamento costante della produzione, il turbamento incessante di tutte le condizioni sociali, l’incertezza e l’agitazione perenni distinguono l’epoca borghese da tutte quelle precedenti. Tutti i rapporti fissati, congelati, vengono spazzati via, tutti i nuovi rapporti diventano antiquati prima di potersi ossidare. Tutto ciò che è solido si vaporizza, tutto ciò che è sacro si profana, e l’uomo è costretto ad affrontare le sue condizioni di vita reali e i suoi rapporti con gli altri uomini”.

Il capitalismo è il sistema sociale che opprime le persone in un modo che in realtà le rende più intelligenti e più forti. Crescendo e cercando di vivere nel mezzo del turbamento incessante, dell’incertezza e dell’agitazione perenni, dove ogni cosa evapora, tutti i lavoratori ottengono un’istruzione obbligatoria e gratuita presso quella che nello slang americano viene definita “the school of hard knocks” (‘la scuola dei colpi duri’). Per i lavoratori organizzarsi, creare sindacati radicali, non è solo un trionfo politico, ma un trionfo della soggettività. Il grande inno ai diritti civili We shall overcome ci dice che possiamo costruire un nuovo mondo se solo riusciamo a rimanere uniti e fedeli a noi stessi. Quella canzone iniziò a circolare nel corso del “Grande Risveglio” del Settecento ed è vissuta per quasi due secoli come inno dell’America protestante intitolato I Shall Overcome. In qualche modo, nel fermento radicale degli anni Trenta, il soggetto I, ‘io’, divenne We, ‘noi’, e la canzone diventò un inno della volontà collettiva. Proprio come Marx aveva sperato, il libero sviluppo di ciascuno si fuse nel libero sviluppo di tutti.

Oggi tra gli intellettuali cinesi, sembrano esserci grande malinconia e nostalgia per il troppo breve “illuminismo” cinese, dalla caduta della Banda dei Quattro alle grandi dimostrazioni di piazza Tienanmen, e un senso di impotente amarezza per il giro di vite seguito ai fatti di Tienanmen. Le persone menzionano spesso lo slogan e la direttiva degli anni Novanta: “Addio all’utopia”. Avvertono la pressione della persecuzione culturale diretta contro ogni sorta di pensiero indipendente. Le autorità e i mass media comunicano un messaggio di questo tipo: “Il boom della Cina andrà avanti per sempre; è la sua stessa giustificazione. È pericoloso pensare a cosa ciò significhi o a come i suoi benefici dovrebbero essere condivisi o a come uomini e donne dovrebbero vivere. I cervelli hanno una funzione importante: progettare miglioramenti tecnici e pianificare politiche per la loro implementazione, non preoccuparsi sul significato della vita. Negli anni Ottanta si è parlato di tutte le grandi idee, e sappiamo dove questo ha portato. Non lo vogliamo più”. Questo linguaggio mi ricorda molto il maccartismo in cui sono cresciuto, un’epoca di repressione culturale nel mezzo di un boom economico, quando agli intellettuali veniva detto che era meglio stare zitti e non calpestare l’erba.

Contraddizioni stridenti

Cosa c’entra questo con Karl Marx? Il Manifesto comunista contiene un paio di affermazioni acute che possono aiutarci a cogliere il legame. “La borghesia – dice Marx – ha spogliato della sua aura ogni occupazione onorata e guardata finora con ammirata reverenza. Ha trasformato il medico, l’avvocato, il prete, il poeta, l’uomo di scienza nei suoi operai salariati”. Secondo questa prospettiva, gli intellettuali ci sono ancora, ma sono degradati, disabilitati, immobilizzati, sospinti nel proletariato dove vivono vendendo i loro cervelli per usi puramente tecnici. Ma per Marx, riconoscersi come proletario, come membro della “moderna classe operaia”, è solo il primo capitolo di una storia dialettica. In questa storia, proprio come in alcune delle maggiori opere della letteratura mondiale (Edipo, Re Lear), l’eroe viene gettato dai primi agli ultimi posti della società, solo per innalzarsi di nuovo. L’uomo che è “spogliato della sua aura”, del suo potere sulle vecchie idee, sviluppa il potere di generare nuove idee. Essere “proletarizzato” è un destino terribile. Eppure, il capitalismo ha il potere paradossale di opprimere le persone in modo da renderle intelligenti e forti. Così l’intellettuale declassato può imparare un nuovo modo di guardare alla società come insieme, di stabilire connessioni tra esseri umani per avere un orizzonte più ampio e mobilitare emozioni più profonde di quelle che possono immaginare banchieri e burocrati. Mentre “mette insieme le sue idee”, cura la sua soggettività ferita, egli può apprendere una nuova solidarietà con altri soggetti feriti come lui. Insieme possono raggiungere un punto in cui poter dire: “We shall overcome”. Possono immaginare un mondo dove “il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti”. Possono loro, può chiunque, creare veramente un mondo del genere? Non lo so. Ma il potere almeno di immaginare un mondo in cui le persone siano soggetti liberi invece che macchine da soldi può alimentare e arricchire il mondo in cui viviamo ora. Mentre la Cina si ricopre di macchine da soldi, la storia di Karl Marx in Cina potrebbe essere appena iniziata.

Molti ci hanno parlato delle varie polarizzazioni tra la Cina e “l’Occidente”, e dell’esperienza della Cina come ultima arrivata nella modernità. Questo corpus di discorsi risale al periodo successivo alla Rivoluzione francese. Raccoglie una gran parte della cultura moderna tedesca e russa, della cultura cinese e giapponese come anche di quelle indiana e latino-americana. Ma a me sembra che in una Cina che è diventata non solo “industria per il mondo” ma affarista globale del mondo, questo discorso si sia esaurito. La Cina è arrivata. Il suo incredibile dinamismo la rende eccellente esempio mondiale di modernità. Come l’Inghilterra ai tempi di Marx, come gli Stati Uniti nel 1945, la Cina oggi è il moderno. Dire questo è solo un inizio, ma non possiamo comprendere senza farlo. Se prendiamo Karl Marx come nostra guida per la modernità, questi ci incoraggerà a concentrarci sulle contraddizioni interne a ogni società. Le contraddizioni interne alla società cinese sono oggi ampie e notevoli. La sua creatività si fonda su una classe operaia che è più libera che mai, eppure schiavizzata. Essa sembra combinare alcune delle peggiori caratteristiche del capitalismo e del comunismo esponendo le masse ai rischi e alle insicurezze sempre maggiori di un mercato globale, mentre, allo stesso tempo, impedisce loro di organizzarsi e di agire da sé attraverso uno Stato oppressivo. Non è mai esistito uno Stato sociale simile a questo. Quando gli intellettuali cinesi esploreranno i misteri e le contraddizioni al cuore del loro stesso ordine sociale? Un buon inizio per loro potrebbe essere riconoscere di fare essi stessi parte della classe operaia moderna.

Traduzione di Martina Toti

Questo articolo è stato pubblicato dalla rivista Reset, n. 96, luglio-agosto 2006.

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