”Tracciamo una linea tra religione e politica”
Mohamed Salmawy con Giancarlo Bosetti 19 September 2006

Bosetti: Vorremmo comprendere con precisione in che modo si possa concepire, e quindi praticare, il dialogo tra culture diverse. In questo contesto è particolarmente difficile chiarire la relazione tra politica, cultura e religione. In un’intervista concessa alla nostra rivista, Sayed Yassin ha spiegato che si considera uno studioso “secolare”. Anche lei si definisce così, anche se preferisce usare il termine “liberale” piuttosto che “secolare”. Può dirci cosa significano questi termini in Egitto? Ci permetterebbe così di confrontare il secolarismo in Europa e in Egitto.

Salmawi: Il termine “secolare” ha un significato molto diverso in questa parte del mondo. Per noi vale solo per quanti si chiamano secolaristi. Evitiamo di usare il termine “secolare” come se fosse equivalente a “antireligioso” o “ateo”.

Bosetti: Che termine usa lei?

Salmawi: Piuttosto che secolare, io preferisco dire “civile”, in opposizione a religioso e non a militare. C’è l’autorità religiosa e c’è l’autorità civile, e noi apparteniamo a quest’ultima, apparteniamo alla comunità civile, e da qui viene il termine “civile”. Io, decisamente, non sono religioso, nel senso che non penso che la religione sia il parametro, l’inquadratura e il criterio per ogni cosa. La religione è più una fede personale che un’inquadratura per la coesistenza e l’interazione con gli altri. Perciò non mi considero un religioso, anche se questo non significa che io sia contro la religione. Io stesso sono un credente, ma quando guardo il mondo guardo altre cose. Non giudico tutto solamente da un punto di vista religioso.

Bosetti: E cosa ne dice del concetto di laicité?

Salmawi: Mi riferisco più a una laicité francese, che si richiama al secolarismo. Quando ho detto civile, ciò che avevo in mente era più o meno laicité. La posizione che sto descrivendo è quella ideale e probabilmente quella più rappresentativa per l’Egitto. L’Egitto non è composto solo di musulmani. Circa il 20% della popolazione, se non di più, è cristiana copta. I copti non sono semplicemente una minoranza come lo sono quelle degli altri paesi; sono veramente parte del tessuto sociale del paese. Non dobbiamo dimenticare che, prima della conquista araba e musulmana dell’Egitto, erano gli unici egiziani, i veri egiziani. Ne discende che una società siffatta non può essere che “civile”, e non religiosa. Forse è questo il motivo per cui l’Egitto non ha mai avuto un governo religioso. L’idea del governo religioso, per noi, si associa di più al modello medievale europeo, con il potere della Chiesa. L’Egitto ha Al-Azhar, che è la sede del sapere islamico e la sede dell’Islam, è una specie di Vaticano islamico. Tuttavia Al-Azhar non ha mai governato l’Egitto. Il potere è sempre stato civile, o secolare, come preferite dire voi. L’Egitto non è mai stato uno Stato religioso, perché non può essere guidato da un governo religioso. Anche sotto l’impero ottomano, quando tutti i paesi arabi e islamici erano sotto il Califfato, si sarebbe potuto pensare che la sede di questo Califfato religioso sarebbe stata in Egitto, il tempio e la guida del mondo arabo. Ma non lo è mai stata.

Bosetti: E’ opinione comune che l’Egitto sia uno Stato secolare, se paragonato ad altri paesi a maggioranza musulmana, e in special modo all’Iran. Ma è vero che l’imam supremo non ha un ruolo costituzionale in Egitto?

Salmawi: No, non lo ha affatto.

Bosetti: Allora non ha rilevanza costituzionale l’affermazione di Mohammed Sayyed Tantawi (la più alta autorità dell’Islam sunnita in Egitto, ndr) sull’eredità delle donne? Può essere accettata o no dal Parlamento?

Salmawi: Può essere accettata, rifiutata, o anche ignorata. Non ha nessun ruolo costituzionale. Infatti, prima del regime di Anwar Sadat, la nostra Costituzione non aveva mai stabilito che l’Egitto fosse un paese religioso. Quando nel 1971 Sadat promulgò una nuova Costituzione, introdusse per la prima volta nella storia dell’Egitto una clausola in cui si affermava che il paese era islamico e che la shari’a, la legge islamica, sarebbe stata la fonte della legge egiziana. Questo, certamente, contraddiceva tutta la nostra storia e tutto ciò che l’Egitto aveva rappresentato nelle ultime migliaia di anni. Era una manovra politica di Sadat, che voleva compiacere il potere religioso, da poco rinvigorito, e pensava di poter usare l’Islam per neutralizzare le ideologie nazionaliste e quelle di sinistra. Con questa mossa aprì un vaso di Pandora, per il quale stiamo ancora soffrendo. Finirono per assassinarlo gli stessi estremisti religiosi che il suo governo aveva incoraggiato. Il regime di Sadat ci ha portato tutti i problemi che stiamo affrontando oggi nella società egiziana.

Bosetti: Quindi il passaggio da Sadat a Mubarak ha condotto ad un’era più secolare?

Salmawi: Non posso dire che sotto Sadat fossimo in un’era secolare. Sadat ha introdotto un articolo nella Costituzione, ma non poteva cambiare la storia del paese o la natura della società. Quell’articolo è ancora lì perché la Costituzione di Sadat non è stata ancora modificata, ma quello che intendo dire è che non è rappresentativo di ciò che è oggi l’Egitto.

Bosetti: I confini tra religione e politica oggi si stanno confondendo in tutto il mondo. Sempre più, ovunque, gruppi e uomini religiosi, chiese e autorità religiose, esigono più spazio nella sfera pubblica, e vale sia per l’Occidente sia per l’Oriente. In Egitto la situazione sta cambiando?

Salmawi: Si muove come un pendolo, avanti e indietro. Ma è vero che la linea tra religione e politica non è più distinta come lo era una volta. Per varie ragioni l’ideologia politica ha sofferto parecchio negli ultimi decenni, e di conseguenza c’è stata una crescita della religione come contro-ideologia. L’ideologia politica è venuta meno, e ciò ha dato origine a quella religiosa, interferendo grandemente nella sfera politica. E’ una cosa molto pericolosa, e la prova non l’abbiamo solo in Medio Oriente. Nessuno è immune dai rischi, nemmeno la più grande superpotenza del mondo. Se le linee tra religione e politica sono confuse, finisci con il commettere molti errori, come abbiamo visto nel caso degli Stati Uniti negli anni di Bush. Noi abbiamo sofferto questa situazione prima dell’Occidente e abbiamo provato (o almeno ci ha provato il governo) ad attirare l’attenzione dell’Occidente su questo problema dell’interferenza religiosa nella politica. Più volte Mubarak ha invocato una conferenza internazionale sul terrorismo, per definire il terrorismo e per provare a spingere la religione fuori dall’arena politica. Il suo invito non è stato preso sul serio dal resto del mondo. Ma noi crediamo che anche l’Occidente soffra dello stesso malessere delle nostre società, che è esattamente il risultato di ciò di cui parlava lei: la linea di demarcazione tra questi due campi non è chiara. Penso che sia dovere della società civile, non solo in Egitto e nel Medio Oriente ma in tutto il mondo, tirare questa linea, tenerla molto chiaramente distinta nei nostri rapporti. Dobbiamo separare lo Stato dalla religione.

Bosetti: Veniamo alla religione così come è rappresentata nel Parlamento egiziano dalla minoranza dei Fratelli Musulmani. Quali sono i loro obiettivi? Vogliono cambiare il codice familiare? O vogliono introdurre una nuova versione della Costituzione?

Salmawi:In realtà non so cosa vogliano, perché ciò che chiedevano prima di entrare in Parlamento è diverso da ciò che dicono oggi. Prima di entrare in Parlamento volevano l’applicazione della shari’a, la legge islamica. Per definizione la shari’a non è né assoluta né immodificabile. Storicamente ha subito molti cambiamenti, anche durante il tempo dei grandi califfi che seguirono il profeta Maometto: in special modo Omar Ibn al-Khattab aveva interrotto l’applicazione della shari’a in alcuni casi e in certi periodi. Questo dimostra che la shari’a non è un parametro-base immodificabile della religione, come il credo stesso o la fede nella religione. Può cambiare da un’età all’altra. Ma prima la Fratellanza Musulmana diceva di voler tornare alla vecchia shari’a e voleva cambiare la Costituzione in una Costituzione islamica. In breve, volevano stabilire uno Stato religioso islamico.

Bosetti: E poi hanno cambiato idea?

Salmawi: Ora che sono in Parlamento affermano che non è questo che volevano, che nemmeno il loro partito è un partito religioso, che il loro è un partito politico con una prospettiva religiosa, simile un po’ ai cristiano-democratici in Europa. Penso che siano in un processo di adattamento al loro ruolo politico e alla loro nuova posizione in Parlamento. Sono anche messi alla prova dalla società civile, e stanno rispondendo a questa sfida. Non si tratta di un fenomeno caratteristico solo dell’Egitto. Se si guarda alla Palestina, si ha una situazione simile. Hamas, che è un gruppo religioso, è ora al potere, e ha cambiato diverse delle prospettive e delle parole d’ordine precedenti. Penso sia un momento importante, in cui la società civile deve essere molto forte e molto chiara su ciò che vuole. La società civile deve essere in grado di imporsi su questi gruppi religiosi che fanno oggi il loro ingresso sulla scena, di farli adattare alla democrazia e alle politiche democratiche in cui crediamo.

Bosetti: Lei ha una vasta esperienza internazionale come presidente dell’associazione degli scrittori egiziani, e anche personalmente riveste un ruolo internazionale. Ha anche partecipato al nostro dialogo tra le culture “Al di là di Orientalismo e Occidentalismo”. Secondo lei, qual è il modo più utile per procedere in questo dialogo?

Salmawi: Penso che prima di tutto dobbiamo decidere quali siano gli attori di questo dialogo. Per molto tempo si è creduto che dovessero essere le due religioni, Islam e Cristianesimo. Non sono d’accordo. Il dialogo dovrebbe essere tra le due società civili, le quali affrontano lo stesso problema, ovvero l’intrusione della religione nella vita quotidiana, in una sfera non sua, in cui non ha nessun ruolo. Siamo noi, le due società civili dei diversi paesi di Occidente e Oriente, che dovremmo essere le due parti di questo dialogo. Non dovremmo ignorare la religione, che è parte della nostra società, di quella cultura e di quello sguardo sulla vita che ci distingue dall’Europa. Tuttavia dovrebbe esser vista così, e non come la vera rappresentante della società, l’unica autorizzata a condurre il dialogo. Personalmente non credo nel dialogo tra le religioni, perché le religioni non possono dialogare. Se cerchi comprensione e non-belligeranza, possono solo coesistere. In un dialogo ogni parte prova a influenzare l’altra. Le religioni non possono negoziare e nemmeno possono trovare una posizione comune, un compromesso tra i loro punti di partenza. Le differenze rimarranno. Io non chiamerei “dialogo” il dialogo tra persone religiose, ma “incontro”, con l’obiettivo di trovare un modo per coesistere. Il vero dialogo dovrebbe essere tra culture, tra civiltà, tra le società civili di entrambe le parti. Devono rafforzare i loro poteri civili, il loro sguardo civile sulla vita, e assicurare che la religione venga tenuta nella propria sfera e non diventi il punto di riferimento di ogni cosa. Altrimenti noi non possiamo coesistere.

Bosetti: Ha mai provato a organizzare un incontro tra uno scrittore egiziano e uno israeliano?

Salmawi: Gli scrittori egiziani si attendono ancora ad una risoluzione che è stata approvata molti anni fa e che proibisce la normalizzazione delle relazioni con Israele, finché Israele non si ritirerà dai territori occupati e finché non nascerà uno Stato palestinese. Questa risoluzione è stata approvata da tutte le associazioni del paese, incluse quella dei giornalisti, degli scrittori, degli avvocati, etc. La società civile, da noi, ha pensato che questa fosse l’unica carta a sua disposizione per poter esercitare una pressione su Israele, per spingerla ai negoziati con i palestinesi e portare la pace nella regione.

Bosetti: Anche un incontro personale tra uno scrittore egiziano e uno israeliano, a Roma o Parigi, verrebbe interpretato come un caso di normalizzazione?

Salmawi: Sì, è già successo. Uno scrittore è stato espulso dall’associazione cinque anni fa, prima che arrivassi io, per essersi recato in Israele. Incidenti simili si sono verificati anche in altre associazioni, come quella dei giornalisti.

Bosetti: Descriverebbe i palestinesi di Hamas e gli egiziani della Fratellanza Musulmana come entità politiche simili?

Salmawi: No, ma agiscono in scenari politici simili.

Bosetti: Uno scenario simile. Ma sono entità differenti?

Salmawi: Sono diverse, sì, ma intendevo dire che entrambe sono riuscite a ottenere potere nella società grazie alle elezioni.

Bosetti: Ha esempi che dimostrano che oggi in Egitto la Fratellanza Musulmana, o almeno una parte di essa, possa essere deradicaizzata?

Salmawi: Sì. Ora stanno provando ad essere accettati dalla società, e hanno già fatto molti passi avanti. Appena prima della nostra conferenza del Cairo, a dicembre, al 94° compleanno di Naguib Mahfouz (un simbolo della società civile, della letteratura, della cultura, un premio Nobel, un uomo che i gruppi religiosi più estremisti hanno provato ad assassinare nel 1994), un rappresentante della Fratellanza Musulmana è andato a fargli gli auguri e a testimoniargli, davanti alla stampa e a tutti i presenti, quanto la Fratellanza Musulmana tenga in massima considerazione lui, la cultura, la letteratura e lo spirito illuminista.

Traduzione di Daniele Castellani Perelli

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