I blogger sfidano il potere della Sfinge
Courtney C. Radsch 27 March 2008

Nel mondo arabo il giornalismo soffriva fino a poco tempo fa della mano pesante di governi autoritari che cercavano di controllare il potere simbolico dei media, principali arbitri dell’opinione pubblica. Essendo cresciuta l’importanza del citizen journalism sulla rete, che è fiorito da quando i blog hanno iniziato ad acquisire popolarità nel 2003, i new media non stanno influenzando soltanto il giornalismo tradizionale ma il processo politico stesso. Considerato che la forza della blogosfera segue l’esplosione dell’ultimo decennio dei media di informazione arabi via satellite, il pubblico dispone di fonti di informazione tra cui scegliere le più varie, credibili e culturalmente rilevanti che mai. Nel mondo arabo, il citizen journalism online, nella forma dei weblog (blog) e dei video blog (vlog), si sta affermando come una forza potente, che sfida la capacità dello Stato di controllare l’ambiente dell’informazione e costringe i giornalisti tradizionali a competere con i citizen journalist della rete.

In Egitto i blog stanno prendendo piede, benché siano ancora relativamente sconosciuti e certamente non popolari tra il pubblico comune. Comunque, tra i giornalisti e la classe dei professionisti globalizzata, è un fenomeno emergente: sono più di i 1500 blog egiziani, poco meno della metà dei quali è pubblicata in inglese (http://www.egybloggers.com). Il motto della «Egyptian Blog Review» – «da cittadini a cani da guardia» – proclama la potenzialità delle nuove forme di citizen media di bypassare il controllo dello Stato e l’auto-censura, a dimostrazione dell’impatto che i cambiamenti nei sistemi di comunicazione globale stanno avendo. Queste trasformazioni favoriscono i media transnazionali, sub-statali, con un’audience ristretta e scelta che offrono una visione più realistica del mondo rispetto ai media a gestione statale.

Rania Al Malky, ex giornalista di «Egypt Today», in lingua inglese, descrive sul suo sito come i nuovi media siano contemporaneamente sovversivi per lo Stato e rafforzativi per il pubblico: «In un paese come l’Egitto in cui il controllo dei media da parte dello Stato ha raggiunto proporzioni talmente epidemiche che l’auto-censura è diventata una minaccia peggiore della censura diretta, l’effetto rafforzativo di un blog è innegabile. Era semplicemente ovvio che gli attivisti politici utilizzassero i blog per diffondere i loro messaggi pro-riforma e coordinare dimostrazioni e altre forme di azione civile che lentamente, nel corso degli ultimi due anni, sono andate acquisendo forza. Adesso hanno gli strumenti per raccontare la vera storia di come le loro proteste pacifiche siano “controllate”». Queste storie vere sono state una fonte di informazione importante per i cittadini del mondo arabo come anche per i giornalisti, i governi e i cittadini stranieri. È probabile che questo tipo di informazione non-rivista, non-gerarchica, non-censurata diventi più popolare via via che crescono le connessioni a internet. Sebbene la rete rimanga un bene raro in paesi come l’Egitto, le connessioni stanno aumentando e le information communication technologies (Ict) sono al cuore dello sviluppo socioeconomico.

L’anno scorso la Banca mondiale riferiva che l’Egitto, con più di 4 milioni di utenti internet, aveva il più alto tasso di accesso alla rete tra gli Stati arabi senza petrolio. Il presidente Hosni Mubarak ha creato un nuovo ministero per le Ict nel 2005 e ha costruito centinaia di punti di accesso alla rete nelle scuole e nelle comunità di tutto il paese. Gli internet-cafè abbondano e molti ristoranti e bar offrono connessioni wireless gratuite per i giovani più ricchi. Ma avendo esteso l’accesso, Mubarak sta cercando ora di riaffermare l’autorità dello Stato sul cyberspazio facendo sviluppare i servizi di sicurezza statali nell’arena pubblica virtuale. La scorsa estate venne detto ai proprietari degli internet-cafè di iniziare a raccogliere le carte di identità di tutti i clienti. A marzo, il governo ha iniziato a processare i blogger per il contenuto dei loro siti, forse comprendendo come la loro influenza superi i confini nazionali.

In Egitto i blog sono diventati fonti importanti di informazione alternativa per i giornalisti in patria e all’estero, specialmente per quanto riguarda la questione degli abusi. Per esempio, secondo i post dei blog, i media egiziani inizialmente ignoravano le violenze sulle donne che si erano verificate durante le festività dell’Eid al Fitr in ottobre. Di conseguenza, i blog si sono assunti la responsabilità di riferire e di fornire le prove su ciò che era accaduto, attraverso i racconti dei testimoni oculari, pubblicando video su YouTube e traducendo testimonianze importanti (si vedano, ad esempio, Global Voices, Manal and Alaa, Forsoothsayer, e Mechanical Crowds). Alla fine, l’ampia copertura sulla rete ha costretto la stampa locale indipendente e la stampa straniera a raccontare i fatti. Vecchi e nuovi media hanno attribuito entrambi la storia ai blog, riflettendo una crescente consapevolezza che vede i blog non solo come sbocco per notizie e storie impopolari ma anche come fonti e competitori dei media tradizionali.

Molti dei blog giornalistici più popolari sono in inglese, forse rispecchiando il fatto che molti dei loro autori ufficiali hanno lavorato per media occidentali, che è più facile farla franca scrivendo in inglese piuttosto che in arabo, che esiste il desiderio di comunicare con un pubblico di lingua inglese che comprende anche i giornalisti occidentali tradizionali. In Egitto i giornalisti occidentali utilizzano i blog giornalistici locali per scoprire cosa sta accadendo nei movimenti di opposizione, per ricavare idee per le loro storie e, più in generale, li usano per tastare il polso della politica e della società egiziane. Una corrispondente straniera di base al Cairo ha detto di utilizzare i blog per mantenersi aggiornata sull’opposizione e per scoprire dove ci saranno le proteste. Tuttavia, man mano che i blog rivestono un ruolo di agenda-setting sempre più importante per i media occidentali, incontrano una crescente repressione nei loro paesi.

La sempre maggiore attenzione che viene riservata ai blogger e ai loro blog da parte dei giornalisti e delle organizzazioni per i diritti umani ha rafforzato la loro popolarità e influenza. Sfortunatamente, però, si tratta di un’arma a doppio taglio, perché più cresce l’interesse più crescono le intimidazioni. Uno dei blogger egiziani più noti, che si fa chiamare SandMonkey (Rantings of a SandMonkey), ha smesso di bloggare poco tempo fa perché temeva che il suo anonimato fosse stato compromesso e che lui stesso fosse sotto controllo. Spiegava che le crescenti intimidazioni da parte dell’apparato di sicurezza insieme all’incapacità della blogosfera egiziana di «concentrare» e utilizzare l’attenzione e l’ammirazione dei media per fare qualcosa di sostanziale per migliorare la situazione politica lo avevano costretto a smettere.

Mentre molti osservatori costruiscono le proprie speranze per la riforma e la trasformazione politiche sul potere della blogosfera, mancano di notare che ci sono pochi meccanismi per tradurre lo scontento che si trova sulla rete in un cambiamento politico reale. Il percorso contorto per cui le informazioni vengono riportate sui blog, poi riprese dalla stampa occidentale e successivamente lette dai legislatori che possono scegliere di esercitare la loro pressione sul governo è inaffidabile e la pressione sul governo per la riforma dipende ancora dagli stranieri. Per esempio, a marzo uno studente blogger è stato arrestato per il contenuto dei suoi post, diventando il primo blogger processato per le cose che aveva scritto piuttosto che per il suo ruolo nelle proteste o nell’attivismo politico. Del caso si è detto molto nella blogosfera e gli Stati Uniti hanno rilasciato una dichiarazione esprimendo il loro disappunto per l’arresto e definendolo un «passo indietro per i diritti umani in Egitto».

Tuttavia, affermazioni di questo genere vengono seguite raramente da sanzioni reali e così persino la pressione di alleati importanti, oltre a portare semplicemente l’attenzione sul problema, sembra avere poco impatto politico effettivo. Gli arresti e gli attacchi ai danni dei blogger si verificano spesso a causa della loro partecipazione ad attività politiche, come nel caso delle proteste. Per esempio, l’anno scorso, mentre era in corso il dibattito su una nuova legge per la stampa, giornalisti-blogger hanno utilizzato i loro blog per organizzare le dimostrazioni oltre che per raccontarle. Quindi, le proteste tenute presso il Sindacato della stampa nel corso dell’estate del 2006 erano state organizzate attraverso le reti professionali, personali e cibernetiche di giornalisti e attivisti, e gli abusi e la repressione conseguenti sono stati raccontati poi sui media tradizionali e sui blog sia in inglese che in arabo. Le proteste hanno prodotto arresti e abusi ai danni di giornalisti e blogger da parte del governo che sono stati coperti a livello domestico e globale, persino da giornali importanti dal punto di vista internazionale come «The Washington Post» e «The Independent».

Forse, allora, per i cittadini che sono alla ricerca di riforme politiche, la speranza più promettente della Rete è la potenzialità dei blog di galvanizzare, ispirare e organizzare. La capacità organizzativa e la diffusione di informazioni rese possibili da tale tecnologia ha indebolito l’abilità dello Stato di controllare la sfera pubblica. Le dimostrazioni sulla proposta di legge per la stampa e sulla guerra in Libano hanno mostrato la potenzialità dei blog di organizzare l’azione politica e di raccogliere fondi per vittime e cause attraverso la rete. I blog corrono in soccorso delle cause dei blogger incarcerati, delle vittime della guerra in Libano e di quelle degli attentati di Dahab raccogliendo denaro attraverso le loro donazioni online.

I blogger, inoltre, sono stati utili per creare eventi mediatici che hanno imposto la copertura delle emittenti radiotelevisive; ed è attraverso questa copertura da parte dei media tradizionali che la blogosfera ha davvero acquisito il proprio potere. Nel loro libro sugli eventi mediatici, Dayan e Katz mostravano come questi ultimi conferissero ai partecipanti e ai temi interessati un certo status dando voce agli attori della società civile che non facevano parte dell’apparato statale egemonico e come questi potessero, a loro volta, mobilitare l’opinione pubblica a loro favore e, forse, persino servire come catalizzatori per la mobilitazione sociale contro lo status quo. È questa potenzialità organizzativa, associata ai poteri del giornalismo, a rendere i blog un fenomeno così importante.

Courtney C. Radsch è una studiosa e una giornalista freelance specializzata nell’analisi dei media e della politica nel mondo arabo.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 103 della rivista Reset (settembre-ottobre 2007).

Traduzione di Martina Toti

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