“Che fine ha fatto la Consulta islamica?”
Rachid Amaidia, imam di Salerno, intervistato da Sara Colantonio 9 February 2009

Com’è secondo lei la situazione dell’Islam in Italia?

Il popolo italiano prima conosceva solo vagamente l’esistenza della religione islamica, ma dagli anni novanta l’ha vista da vicino con l’immigrazione. La Consulta ha il dovere di far conoscere la voce dell’Islam, come pensano e come vivono i musulmani, così da indurre i politici italiani a fare delle leggi più adatte anche al popolo musulmano.

A proposito della Consulta Islamica, che fine ha fatto?

Diciamo che la Consulta in questi ultimi tempi è stata congelata, e non so quale ne sia la motivazione. L’ex ministro degli interni Giuseppe Pisanu l’ha creata e le ha dato grande importanza. Confermata dal suo successore Giuliano Amato, è stata ora messa in un angolo. Speriamo che la Consulta torni in vita e prosegua il suo lavoro. In tutti i paesi europei e anche in America esiste una Consulta del genere, o un gruppo che in qualsiasi momento il governo possa chiamare per conoscere il punto di vista dei musulmani. Chiedo a questo governo di farla ripartire. Alcuni vorrebbero cambiarla completamente, ma io chiedo che torni com’era prima. Poi magari si vedrà in seguito se modificarne i membri.

Battipaglia è stata teatro di episodi di intolleranza. Tre anni fa è stata lanciata una bottiglia molotov contro la moschea, mentre esattamente un anno fa è stata gettata all’interno della moschea una bomba carta, e pochi giorni dopo un ragazzo marocchino è stato aggredito. Come legge questi gesti?

Per quanto riguarda l’aggressione, ho due letture diverse: o è un fatto personale condotto da un gruppo di ragazzi contro l’immigrazione, o è la conseguenza di una politica sbagliata. La prima ipotesi non è gravissima, perché magari potrebbe essere un gesto dettato dall’ignoranza, anche se però bisogna rilevare che in Italia c’è una crescita dell’intolleranza, dell’odio contro l’immigrato. Ho fatto presente al governo italiano questa mia percezione, perché se ci sono azioni contro gli immigrati anche gli immigrati poi potrebbero arrivare a reagire contro gli italiani.

E nella seconda ipotesi?

Nella seconda ipotesi, se in televisione si assiste a una continua demonizzazione dell’immigrato si fomenta il popolo contro lo straniero. Nessuno dice che l’Italia debba accettare per forza l’immigrazione, se la politica non vuole accettare altri stranieri perché magari non c’è più lavoro per essuno, allora può dire basta. Ma la politica italiana deve essere chiara: da un lato fa il Decreto Flussi, dall’altro lato dice che gli immigrati non servono o che sono contro la cultura italiana o soltanto dei delinquenti. Bisogna avere una posizione definita, non fare il doppio gioco. Il gesto contro la moschea poi dovrebbe essere considerato allo stesso livello di quando accade qualcosa contro una chiesa o contro una sinagoga. Quando accade qualcosa contro questi luoghi di culto entrano in azione anche i servizi segreti per capire cosa sia successo; quando succede una cosa contro una moschea si lascia invece correre, dicendo che saranno stati dei ragazzi, o un matto. Si devono applicare criteri analoghi. Non possiamo parlare di uguaglianza, di giustizia, di dialogo interreligioso se trattiamo una moschea in modo diverso da come si tratta una chiesa o una sinagoga. Quando entro dentro in una moschea devo sapere che il Governo mi garantisce sicurezza.

Questa sicurezza oggi non c’è?

Se qualcuno attacca una moschea e vede che la polizia lascia stare, che non si impegna per trovare il responsabile, domani la stessa persona farà un gesto più grande. Oggi ancora non hanno preso chi ha tirato la bomba carta l’anno scorso, è una cosa vergognosa. Se ragioniamo in termini di “io sono italiano, lui è di un’altra razza”, allora non si potranno compiere passi avanti. Salerno è stata una delle prime province d’Italia che ha promosso il dialogo interreligioso, ogni comunità religiosa fa visita alle altre comunità, si parla con i parroci, si fa visita alla sinagoga, spesso i rappresentanti delle altre religioni vengono in moschea; vengono a visitare la moschea anche le scolaresche, per conoscere l’Islam, per fare domande a me come Imam, e vedono che dentro la moschea non c’è una fabbrica di armi, di bombe, e che non è un luogo pericoloso pieno di prodotti chimici o di kamikaze.

Cosa ne pensa della proposta del presidente della Camera Gianfranco Fini di utilizzare esclusivamente l’italiano per la predicazione nelle moschee?

Questa proposta non si è vista in nessun altro paese del mondo. L’Islam è arabo, il Corano è in arabo, il Profeta era arabo. Nei paesi che non sono arabi, il venerdì possiamo fare la predicazione in arabo e poi aggiungere la lingua del paese per chi non è arabo, per chi è convertito o chi è immigrato, ma la preghiera del venerdì deve essere in arabo e poi tradotta in italiano. Utilizzare soltanto la lingua italiana è un grosso errore, ma non perché noi siamo contro lo Stato Italiano. Fare la preghiera o la predicazione in italiano non farà sentire l’immigrato un cittadino italiano, l’integrazione non comincia così. Quando il musulmano si sentirà davvero integrato, allora sarà lui stesso a parlare in italiano.

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