Nuove sfide per i Fratelli Musulmani
Francesco Aloisi de Larderel, ex ambasciatore italiano in Egitto, commenta l’intervista con Dina Zakaria 29 August 2011

Le risposte che la giovane esponente dei Fratelli Musulmani da alla intervistatrice di Reset sono un fotogramma di un film che si sta proiettando sulla scena egiziana dallo scorso 25 gennaio.

È interessante leggere che, come dice la Zakaria, “La nostra cultura, non la nostra religione, ci spinge ad avere una cura ed una attenzione particolare nei confronti della donne, . . .”. Questa affermazione, senz’altro vera per l’Egitto, lo è altrettanto per gran parte del mondo arabo e medio orientale (cristiani compresi) e lo è stata – non ce lo dimentichiamo – nei nostri stessi Paesi europei fino ad un recente passato.

Ma la grande novità della “primavera egiziana” è stata appunto un rinnovamento culturale che ha visto nascere una nuova gioventù più moderna, non più timorosa delle autorità costituite, desiderosa di prendere in mano il proprio futuro individuale e quello della società egiziana.

Questo rinnovamento generazionale è anche il dramma della “primavera egiziana”, perché i gruppi giovanili che hanno portato al rovesciamento della presidenza Mubarak (trascinando poi con se gli operai ed i Fratelli Musulmani) non sono attualmente maggioritari del Paese, incontrano difficoltà ad esprimere un movimento politico strutturato, e difficilmente erediteranno il potere in occasione elle prossime elezioni (Ma anche il 1848 europeo non vide l’immediata vittoria delle idee che propugnava, che si affermarono però a distanza di una generazione!).

Detto questo, gli eventi egiziani dello scorso gennaio hanno sì rappresentato una occasione anche per i Fratelli Musulmani egiziani, ma hanno posto alla Fratellanza anche molti problemi.

I Fratelli Musulmani, come tutti, sono anch’essi stati presi di sorpresa dalle prime manifestazioni di massa contro il Presidente egiziano e dal loro crescente successo. La Fratellanza, le cui velleità politiche erano state ripetutamente frustrate dal regime di Mubarak, si era in pratica adattata ad una situazione di compromessi che le permetteva di perseguire il suo obiettivo principale: non la presa del potere politico, sempre rimasto saldamente nelle mani del Presidente Mubarak, ma la diffusione ed il più forte radicamento dei valori islamici nella società egiziana. Obiettivo perseguito con un certo successo anche, come sappiamo, attraverso una serie di attività nel campo dell’insegnamento, dell’assistenza medica e della mobilitazione sociale che venivano a supplire alle carenze delle strutture governative.

In questa fase i Fratelli Musulmani si sono quasi sempre presentati come un blocco unitario, proprio perché eventuali divisioni interne avrebbero costituito un serio pericolo ed una difficoltà ulteriore nel far fronte alla occhiuta sorveglianza ed alla pressione continua esercitata su di loro dal regime e dalla sua polizia.

Ma la caduta del Presidente Mubarak ha invece fatto emergere, e fin dal primo giorno, una ricca dialettica interna alla Fratellanza. È stato infatti il Movimento Giovanile degli Ikhwan ad aderire per primo alle manifestazioni di massa contro il Presidente, a quanto si è potuto allora capire contro il parere della dirigenza del movimento, che si è invece accodato successivamente per non venire emarginato e rimanere estraneo al successo delle manifestazioni stesse.

Successivamente sono emerse divisioni politiche. Il partito ufficiale dei Fratelli, “Libertà e Giustizia”, si è trovato stretto tra un’altra espressione politica, più moderata, della stessa Fratellanza, il partito “el Wasat” (il Centro), ed i movimenti politici salafiti, nettamente più estremisti e fondamentalisti, fortemente appoggiati dall’esterno. È bene tener presente, a questo proposito, che le monarchie conservatrici della “gezirah” araba, come la Saudita, preferiscono di gran lunga sostenere i movimenti politici salafiti che non i Fratelli Musulmani, la cui adesione alla pratica della democrazia elettorale rappresenta per loro una minaccia.

Non sappiamo ancora quale sarà il peso dei Fratelli Musulmani alle prossime elezioni parlamentari e presidenziali, né se concluderanno alleanze di fatto con i militari che oggi reggono le sorti del Paese, o con gli epigoni del regime di Mohamed Hosni Mubarak, i quali non sono di certo scomparsi da un giorno all’altro.

Ma vediamo la Fratellanza dividersi ogni giorno su questioni fondamentali, quali la natura, laica o confessionale, che deve rivestire il nuovo Stato egiziano, il ruolo che deve avere la religione musulmana nell’ispirare il diritto penale e civile, la possibilità che il Presidente della Repubblica possa non essere musulmano o essere una donna, ecc . . . Su altre questioni fondamentali – quali la politica estera e la politica economica – la Fratellanza non ha programmi precostituiti, ma essi emergeranno, presumibilmente ed in maniera ancora dialettica, mano a mano che il Paese si confronterà con l’aggravarsi dei problemi che da tempo lo assillano.

Ma, per ritornare all’affermazione iniziale di Dina Zakaria, la Fratellanza, come l’intero Paese, dovrà fare i conti fin dai prossimi anni con l’evoluzione culturale della società egiziana, le cui prime manifestazioni hanno dato luogo alla “primavera araba”. Tenuto conto del ruolo così importante – di vero e proprio tessuto connettivo – che la religione (sia musulmana che cristiano/copta) svolge nella società egiziana, il suo ruolo potrebbe essere di primaria importanza. E certamente, come suggerisce Dina Zakaria, le donne della Fratellanza potrebbero portare un contributo importante nel superare quelle che sono barriere culturali e non religiose.

SUPPORT OUR WORK

 

Please consider giving a tax-free donation to Reset this year

Any amount will help show your support for our activities

In Europe and elsewhere
(Reset DOC)


In the US
(Reset Dialogues)


x