I doveri dell’opposizione
Michael Kazin intervistato da Elisabetta Ambrosi 10 March 2009

Prof. Kazin, come è stata, anzitutto, la qualità dell’opposizione democratica in questi anni di governo Bush?

Tra gli attacchi dell’11 settembre 2001 e l’elezione del 2004, la maggior parte dei democratici è stata piuttosto cauta e sulla difensiva nell’attaccare Bush sulla politica estera; e non è stata capace di guadagnare consenso elettorale tramite questioni come la corruzione delle aziende (lo scandalo Enron) e la stagnazione dei salari. Questa situazione è tuttavia cambiata rapidamente dopo la rielezione di Bush. A quel punto, gli americani hanno cominciato ad essere stanchi della guerra in Iraq e hanno ritirato l’adesione al programma di Bush, che voleva privatizzare la sicurezza sociale. Tutto ciò, unito ai casi ben documentati di corruzione che hanno coinvolto diversi membri repubblicani del Congresso (in particolare, Tom DeLay), e il fallimento nell’intervento per le vittime dell’uragano Katrina, ha fornito ai democratici la sicurezza per condurre una campagna aggressiva e di successo nel 2006; e per spingere Obama a correre per la presidenza nel 2008 (per i dettagli sulla corruzione, cfr il libro di Thomas Frank, The Wrecking Crew, 2008).

La vittoria dei democratici può dunque essere considerata il risultato di una opposizione vitale ed efficace?

Sì. Tra l’altro la campagna di Obama ha avuto alcune delle caratteristiche dei movimenti sociali; essa è cresciuta progressivamente, anche se lentamente, fin dai tardi anni novanta. Non è chiaro ancora se Obama sarà in grado di mantenere attivo questo movimento e, nel caso ci riesca, se quest’ultimo resterà in sostanziale accordo con le scelte politiche che egli farà in quanto neopresidente (su questo, vedi un mio breve articolo su Dissent).

Secondo lei, l’opposizione dovrebbe collaborare con il governo in nome del bene comune; o invece il suo compito è piuttosto quello di contrapporsi radicalmente al governo e proporre un’alternativa netta?

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, le alternative radicali sono poste dagli intellettuali, non dai partiti politici o dai movimenti sociali influenti. E’ stato così fin dai primi anni ’70. In questo senso, l’opposizione – che sia liberal o conservatrice – deve parlare nel discorso pubblico in nome del “bene comune” o del “pubblico interesse”, altrimenti verrebbe subito accusata di perseguire gli interessi egoisti di quella parte di elettorato che poi potrà ricompensarla.

Da un punto di vista sociale: quali sono stati in questi anni i gruppi sociali più attivi nella critica sociale? Qual è la natura e la qualità del loro dissenso?

Durante l’amministrazione Bush, la principale opposizione, come ho detto, è venuta dai democratici liberal o progressisti, e dal piccolo ma crescente movimento che li ha appoggiati. Questa opposizione ha avuto seguito maggiore in stati come quello della California, di New York, Massachusetts, Maryland e Oregon, dove i programmi e i politici liberal restano popolari; ma quasi del tutto inesistente nel sud e negli stati attraversati dalle Rocky Mountains (con l’eccezione di poche grandi città e città universitarie di quelle regioni).

C’è, e di che tipo, una connessione tra protesta sociale e violenza? E qual è il grado di conflitto accettabile – sopra il quale c’è violenza, sotto il quale non c’è cambiamento sociale?

I movimenti sociali negli Stati Uniti normalmente diventano marginali quando usano la violenza, mentre guadagnano quando la violenza è usata contro di loro. Il movimento per il lavoro degli anni ’30 e ’40 e quello per la liberazione dei neri degli anni ‘50 e ‘60 sono esempi in questo senso. Il conflitto naturalmente è endemico alla politica, quello retorico (rhetorical) in particolare.

Media e dissenso: quali sono secondo lei i media capaci sia di proporre alternative effettive che capaci di decostruire stereotipi e cliché?

La “blogosfera” è sicuramente la piattaforma più significativa in grado di proporre un’alternativa, riformista e radicale rispetto ai discorsi convenzionali dei politici. Tuttavia, si tratta di uno spazio mediatico selvaggiamente frammentato; anche all’interno della sinistra liberale che ha appoggiato Obama c’è una diversità di stili di dissenso.

SUPPORT OUR WORK

 

Please consider giving a tax-free donation to Reset this year

Any amount will help show your support for our activities

In Europe and elsewhere
(Reset DOC)


In the US
(Reset Dialogues)


x