Mohammed Arkoun, la «demitificazione» del Corano
Giancarlo Bosetti 11 July 2011

Mohammed Arkoun, morto a 82 anni nel settembre del 2010, algerino, è stato una delle voci più influenti nel mondo musulmano tra coloro che si sono applicati a una critica del fondamentalismo, della ossificazione, mitizzazione, dogmatizzazione del testo sacro, avvenuti allo scopo di manipolare e asservire la religione a obiettivi di potere. Per disinnescare il danno e demistificare l’inganno Arkoun faceva appello al giacimento di risorse umanistiche della tradizione islamica. Come il più giovane Abu Zayd, Arkoun proponeva la necessità di una «storia critica del testo ricevuto sotto il nome di Corano», ma a differenza dello studioso egiziano esplicitava un punto di vista fortemente critico, più disinvolto e sospettoso verso un testo di cui denunciava la natura politica, avendo accumulato nel processo di «mitificazione» le ragioni congiunturali, storiche, politiche dei poteri dell’epoca e considerava il testo sacro qualcosa di ormai perso e irrecuperabile, non più un prodotto della trascendenza, dal momento che la fonte divina era stata resa irriconoscibile sotto la pressione dell’ideologia politica. La «critica della ragione islamica» di Arkoun incorporava l’eredità dell’Illuminismo francese, anche se sarebbe un errore assimilarlo, come hanno fatto i suoi nemici fondamentalisti, a quei pensatori di origine musulmana che hanno adottato un punto di vista occidentale, come alienandosi rispetto alle loro origini.

Lo studioso algerino infatti rivendicava con forza, e anche con una notevole passione retorica capace di affascinare gli ascoltatori, le risorse interne alla tradizione a cui non smise mai di appartenere: l’umanesimo musulmano e arabo dell’età d’oro (XII secolo) dell’Islam avrebbe potuto fiorire e produrre il suo illuminismo, nelle scienze, nelle arti, nel pensiero critico, se non fosse stato ucciso nella culla dalle circostanze politiche. Il lavoro critico cui si dedicò anche nella direzione della rivista Arabica, aveva lo scopo di fare emergere «l’impensato» della tradizione musulmana, da cui poteva scaturire una più ricca e moderna coscienza secolare e religiosa.

Gli studi islamici dovevano dunque applicarsi a individuare quel che era andato storto nella storia, producendo una decadenza e un ristagno dai quali i paesi musulmani non sono riusciti a liberarsi per secoli. Tra le sue opere indirizzate a questa ricerca Contribution à l’Étude de l’Humanisme Arabe (1970) e Essais sur la Pensée Islamique (1973). La sua decisa critica al testo sacro, contenuta nel suo libro del 1982, Lectures du Coran, lo ha esposto all’accusa di eresia, come del resto è accaduto ad Abu Zayd, nonostante la maggiore preoccupazione di quest’ultimo di mantenersi all’interno di un profilo religioso, di fedele, nel rapporto con il Corano.

Noi di «Reset» lo ricordiamo sia per la sua conferenza a Roma al teatro Eliseo (l’incontro si è svolto il 24 novembre del 2006, cf. «Reset» n. 99 Gennaio-Febbraio 2007) insieme a Abdolkarim Soroush, sia durante un pubblico confronto con Hassan Hanafi al Cairo, in un vasto auditorium alla Fiera del Libro nel gennaio del 2007. Davanti a un pubblico appassionato si confrontavano due diverse interpretazioni della cultura musulmana, una, la sua, più decisamente laica e disinibita, l’altra, quella di Hanafi, pure riformista a suo modo, ma più ortodossa e preoccupata di non confondersi con l’illuminismo europeo e sempre in trincea contro il rischio di una subordinazione «coloniale».

Ma Arkoun non era affatto un musulmano «comodo», dedicava tutto l’impegno che poteva, fino agli ultimi anni, nell’opera di promozione della educazione degli immigrati musulmani in Europa, tema sul quale si pronunciava in modo molto duro con l’establishment francese, trovando sostegni quasi esclusivamente nella sinistra e in alcune amministrazioni locali. Molto critico era anche con il sistema educativo dei paesi arabi, le cui scuole, nella sua denuncia, invece di un mezzo di liberazione erano diventati strumenti per promuovere la «ignoranza istituzionalizzata», a beneficio dell’islamismo.

Fino all’ultimo Arkoun ha contribuito al dialogo tra le culture e tra le religioni, prendendovi attivamente parte. Ha pubblicato moltissimo in arabo, in francese, in molte altre lingue e anche in italiano. Tra le altre cose: Mohammed Arkoun, La filosofia araba (Xenia, 1995), con altri La passione del conoscere (a cura di Lorena Preta, Laterza, 1993).

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