Abdou Filali-Ansary, il linguaggio della libertà
Nina zu Fürstenberg 13 June 2011

Abdou Filali-Ansary è stato direttore e fondatore della Aga Khan University Institute for the Study of Muslim Civilisations (2002-2009) e della King Abdul-Aziz Foundation for Islamic Studies and Human Sciences a Casablanca, Marocco (1984-2001). In precedenza era stato segretario-generale dell’Università «Mohammed V» di Rabat (1980-1984), dove ha insegnato filosofia moderna.

Filosofo e islamologo ha lavorato sul rapporto tra religione musulmana e modernità. Ispirato da Ali Abderrazziq, che ha tradotto in inglese, è un fautore della secolarizzazione e del pensiero liberale. L’articolo di Filali-Ansary per la rivista americana Journal of Democracy con il titolo «Che cosa è l’Islam liberale? Le fonti del pensiero musulmano illuministico», del 2003, ha avuto un forte impatto internazionale, evidenziando la discussione all’interno del mondo musulmano sulla questione dell’illuminismo, ma ha avuto echi nello stesso mondo musulmano. Il suo libro Islam e Laicità, Il punto di vista dei musulmani progressisti, è uscito nel ‘96 ed è stato tradotto anche in italiano nel 2003 (Castelvecchi).

Filali identifica tre momenti chiave nello sviluppo del pensiero liberale all’interno del contesto musulmano contemporaneo: il primo negli anni 1920 e 1930, quando sono emersi dei grandi pensatori indipendenti che hanno adottato prospettive e interpretazioni critiche e razionali del Corano; il secondo con l’affermarsi di una prospettiva storicistica in base alla quale il sacro non appariva più come qualcosa di extra-storico ma doveva bensì collegarsi con la società, i discorsi e gli atti di uomini e donne delle diverse epoche; il terzo momento chiave è consistito nell’emergere di un linguaggio «secolare» nel contesto musulmano contemporaneo. Secondo Filali-Ansary è proprio questo vocabolario laico che ha reso possibili i recenti rivolgimenti in Tunisia e in Egitto.

Un altro importante aspetto del suo lavoro riguarda la questione filologica e la traduzione dei concetti da una sfera culturale nell’altra. Il termine laicità nel mondo arabo è stato tradotto la prima volta nel XIX secolo come dahriya e trasmetteva l’idea della laicità come sinonimo di un totale rifiuto del messaggio religioso, un equivalente di ateismo. Più tardi si doveva riconoscere che quella traduzione non era sostenibile e la si sarebbe cambiata in la-dini (a-religioso, non-religioso), ma anche questo manteneva forte la contrapposizione alla fede, più di quanto non accada con i concetti di «secular» in inglese o di «laico» in italiano. Infine si è usato il termine almania, ma in certo senso il danno era ormai compiuto e ne restano tuttora tracce nella cultura musulmana diffusa.

La religione per Filali-Ansary rappresenta un contributo coesivo alla vita collettiva, come per molti cristiani nei paesi occidentali. La presenza della religione può dunque essere invocata per contrastare gli accessi dell’individualismo, del consumismo e del capitalismo senza che ciò necessariamente comprometta la laicità degli ordinamenti politici.

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