“Ecco come può battere McCain”
Ian Buruma intervistato da Daniele Castellani Perelli 8 July 2008

Dopo una campagna così aspra, potrà il partito democratico ritrovare la sua unità? E Obama dovrebbe scegliere Hillary come vicepresidente?

Non penso che Obama abbia bisogno di scegliere Hillary come vicepresidente. Non ha nessun obbligo a riguardo, e molti premono perché non lo faccia. Sulla possibilità che il partito possa tornare ad essere unito, credo che molto dipenderà dal comportamento dei Clinton, da quanto saranno convincenti nello spingere i propri supporter a sostenere Obama.

Quali saranno i temi principali della sfida tra Obama e John McCain?

L’economia e la guerra in Iraq, ma soprattutto la prima, che tradizionalmente nelle campagne elettorali americane conta più della politica estera. La sfida, per Obama, sarà soprattutto quella di portare dalla propria parte gli operai, di convincere chi ha sostenuto Hillary che anche luı é in grado di produrre un cambiamento sociale.

Su quali temi dovrebbe puntare Obama?

Anzitutto la guerra in Iraq, dove é in una posizione avvantaggiata, sebbene neanche lui sappia bene cosa si debba fare per cambiare. Ma può puntare anche sui tagli alle tasse e sul pessimo bilancio economico dell’amministrazione Bush. Peraltro McCain, come é noto, non é molto ferrato in economia.

È possibile che i repubblicani attacchino Obama su due sue presunte debolezze, l’elitismo e lo scarso patriottismo. Può essere un problema per il senatore dell’Illinois?

McCain potrebbe provare a dipingerlo come una persona lontana per mentalità dall’americano medio, ma starà a Obama dare un’immagine diversa. Sul patriottismo non sono invece sicuro che i repubblicani riusciranno a fare campagna.

Ha ragione Obama quando dice che il dialogo con l’Iran può essere utile all’America?

Certo che ha ragione. Non c’é alcuna scusa per tagliare i rapporti diplomatici. Quando propone il dialogo non intende certo dire che gli Stati Uniti sono pronti ad accettare tutto quello che propongono gli iraniani. E poi nella pratica gli americani stanno già negoziando con gli iraniani, quella repubblicana é tutta retorica.

Anche Hillary ha giocato la carta della paura in campagna elettorale, con il famoso telefono che squilla alle 3 di notte. Come può un democratico essere convincente sulla lotta al terrorismo senza ricorrere alla carta della paura?

Non credo che sia difficile. Il rischio, per i democratici, è dı voler compensare questa presunta immagine di debolezza con un linguaggio ancora più duro, come ha fatto Hillary quando ha parlato del possibile annientamento dell’Iran. Tradizionalmente le presidenze democratiche non sono particolarmente soft in politica estera.
Diverse guerre sono state iniziate da dei democratici, e Obama non deve porsi sulla difensiva su questo tema.

Alcuni, come Benjamin Barber, sostengono che il tema del terrorismo sia grandemente sovraestimato, perché in fondo dopo l’11/9 l’America non ha subito altri attacchi. Barber sostiene che questo é il gioco dei repubblicani, che i democratici dovrebbero spostare l’attenzione sull’economia.

Forse è un tema sovraestimato, ma non si può far finta che non esista, che la gente non abbia paura. Sarebbe stupido non occuparsene, perché in fondo basterebbe un altro attacco per farci ripiombare nel caos.

Obama ha fatto un discorso estremamente amichevole all’Aipac, la principale lobby pro-Israele, schierata solitamente su posizioni conservatrici. È stato un discorso sincero o molto elettorale?

Mi sarei sorpreso se non lo avesse fatto. Nessun candidato alla Casa Bianca può permettersi di essere troppo duro su Israele. È una cosa che creerebbe più problemi che altro.

Da alcune sue passate dichiarazioni, però, si potrebbe dedurre che Obama sia più sensibile di altri alla sofferenza dei palestinesi.

Non so se segretamente sia più filopalestinese dei suoi predecessori, ma non importa. Qualunque cosa pensi personalmente un presidente, nessuno può cambiare la politica israeliana degli Stati Uniti. E lo stesso vale per McCain e soprattutto per Obama, che la destra ritiene vulnerabile in politica estera.

È questa possibile vulnerabilità che ha spinto il senatore dell’Illinois a ipotizzare un intervento nel nord del Pakistan nel caso in cui Islamabad non facesse abbastanza per dare la caccia a Bin Laden? È per mostrare che sa essere duro?

Quello non fu un discorso molto felice, ma indicava soprattutto la consapevolezza che la base operativa di Osama Bin Laden è in Pakistan, che la guerra in Iraq è una distrazione, se veramente si voglıono mettere le mani sul leader di Al Qaeda.

La religione giocherà un ruolo in queste elezioni?

I repubblicani potrebbero usarla per attaccare i contatti di Obama con il reverendo Jeremiah Wright, ma dopo che il senatore ha preso le distanze dalla sua Chiesa credo che i repubblicani non possano guadagnarci molto.

Molto spesso le Nazioni Unite non funzionano. Per questo il neocon Robert Kagan, consigliere di McCain, propone la creazione di una Lega delle democrazie. Lei, sul New Yorker, si è mostrato scettico.

Perché non capisco come debba funzionare. Sarebbe un’alleanza militare o un club di amici? Potrebbe essere anche interessante, ma non ho ancora sentito descrizioni precise sul suo possibile funzionamento. In caso di interventi militari – che è l’uso a cui probabilmente pensa Kagan – dovrebbe comunque sbattere contro il muro del veto russo e cinese nel Consiglio di sicurezza dell’Onu.

Questa intervista è stata originariamente pubblicata dal quotidiano Europa.

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