“Il referendum? Un errore gravissimo”
Una conversazione con Stefano Allievi 10 October 2007

Professor Allievi, come giudica l’approccio e le decisioni del sindaco di Bologna Sergio Cofferati e di Marta Vincenzi, primo cittadino di Genova, sulla costruzione delle moschee?

Sono due situazioni diverse. In generale quasi tutti i sindaci italiani si sono mossi molto male, quindi anche loro due. Di contro alcune amministrazioni di città piccole o medio piccole, come Brescia o Correggio, hanno fatto meglio. Il problema, dunque, riguarda le città mediatizzate come appunto Bologna, laddove intervengono fattori esogeni che nulla hanno a che fare con il bisogno che di per sé è semplice: i musulmani richiedono un luogo di preghiera, se è una moschea o una casa di preghiera è irrilevante. Ne hanno diritto ai termini della Costituzione e questo a prescindere dal fatto se siano italiani o stranieri (l’art. 8 della Costituzione stabilisce che le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano, ndr). Cofferati, indicendo un referendum, ha commesso un errore gravissimo. Si possono avere obiezioni sull’ampiezza del progetto, sulla solidità degli interlocutori, sul luogo prescelto, sull’intervento finanziario. Potrebbero esistere problemi di viabilità come il parcheggio. L’Inghilterra, in questo senso, ha risolto brillantemente il problema perché qualsiasi confessione religiosa ha l’obbligo, laddove crea un luogo di culto, di garantire un certo spazio di parcheggio. Ma non è ammissibile chiedere il consenso di una presunta maggioranza sul libero esercizio dei diritti delle minoranze.

E cosa pensa della decisone del sindaco Vincenzi di rivolgersi al Ministro Amato per fare chiarezza sul progetto di costruzione di una moschea presentato a Cornigliano?

Vergognosa perché si nasconde dietro al Ministro per non decidere, almeno Cofferati si è assunto le sue responsabilità. Dietro una richiesta che non è onerosa per il Comune, che non comporta nessun stravolgimento per il quartiere, il sindaco Vincenzi vuole guadagnare tempo. Se poi il problema è la sicurezza, allora la Vincenzi si sarebbe dovuta, giustamente e legittimamente, rivolgere alla Digos di Genova per ottenere tutte le informazioni relative all’imam e ai frequentatori del centro islamico di Genova, che tra l’altro esiste da decenni e i cui dirigenti sono ben conosciuti, per lo meno in Liguria, e partecipano regolarmente agli incontri di dialogo interreligioso. La Vincenzi avrebbe così scoperto che sono persone innocue. Anche il fatto di voler attendere lo studio commissionato dall’Ue sulla mappatura delle moschea in Europa che verrà diffuso il 15 ottobre prossimo non risolverà il problema. Quali che siano le conclusioni dello studio, cosa si dirà… se l’Ucoii va bene o no?

L’Ucoi, secondo lei, è un interlocutore affidabile?

Dietro c’è una campagna mediatica molto pesante condotta da alcuni giornalisti e da alcune testate. Magdi Allam, il Corriere della Sera, il Foglio, per citarne alcuni, fanno questa equazione: Ucoii uguale Fratelli musulmani, Fratelli musulmani uguale terroristi, ergo Ucoii uguale a terroristi. In questo ragionamento non c’è nessuna concatenazione che sia legittima. E’ verissimo che ci sono molti dirigenti dell’Ucoii che sono legati ai Fratelli musulmani, come però molte delle nuove leve non lo sono. Ritengo che l’Ucoii sia un interlocutore legittimo fino a quando qualcuno dimostrerà che finanzia il terrorismo o che i suoi dirigenti vanno in giro armati e organizzano attentati. Finora si tratta di illazioni non dimostrate e non c’è uno straccio di processo su questi fatti.

Come risponde a coloro che ritengono che le moschee siano luoghi in cui si fomenta il terrorismo?

Partiamo dal presupposto che io sono favorevole ai controlli all’interno della comunità musulmana. E’ bene ribadire che le informazioni in merito non mancano perché i nostri servizi di intelligence, la Digos, che si serve di uomini che conoscono la lingua araba, e i Carabinieri svolgono un lavoro eccellente nella lotta al terrorismo politico e di matrice religiosa. In alcune moschee si è sicuramente fomentato il terrorismo ma, nella stragrande maggioranza, gli stessi imam svolgono una funzione di controllo sociale veicolando, tra l’altro, messaggi di quietismo e di rispetto della morale. Le teste calde danno fastidio alla maggior parte, non dico alla totalità, degli imam. Certo tra di essi ce ne sono alcuni che sono fanatici e sono quelli che vanno assolutamente controllati.

Coloro che si oppongono alla costruzione di altre moschee in Italia ritengono che non ve ne sia bisogno perché la percentuale di praticanti musulmani in realtà da alcuni anni è ferma e si attesta tra il 4% e il 5%.

Nessuno ha mai contato seriamente il numero dei praticanti, il cui computo dipende da una serie di fattori: andare il venerdì in moschea non è sufficiente perché per l’Islam non è un obbligo né un sacramento, è una pratica sociale diffusa e incoraggiata. Poi si prenda in considerazione il fatto che il venerdì è un giorno lavorativo, molti fedeli non possono prendersi un giorno di ferie o fare 20 km per raggiungere la moschea. Terzo punto è che io sono sicuro che la domanda sia largamente superiore all’offerta e, dunque, non ci sono abbastanza moschee. Ovunque si manifesti un’offerta c’è una domanda che la riempie. Nessuno deve stupirsi del fatto che si apriranno ancora in futuro perché è fisiologico.

Il fatto che alcuni politici dell’estrema sinistra siano incondizionatamente sempre favorevoli alla costruzione di moschee, secondo lei, può essere visto come un desiderio di dimostrare, a tutti i costi, che si è tolleranti, aperti al dialogo e all’integrazione?

Secondo me è, a volte, un modo per distinguersi con un anti-razzismo facile e poco fondato. Anche in altri paesi europei alcuni interventi dell’estrema sinistra sono stati controproducenti per la comunità musulmana. In Italia il problema si trasforma nella disputa politica tra la Lega e Rifondazione Comunista. Spesso si tratta di persone che sono anticlericali e per principio detestano i religiosi. Ho constato che spesso questo interventismo ideologico senza fondamenti di riflessioni sul rapporto religione, laicità e sfera pubblica finisce per ritorcersi contro gli immigrati medesimi.
In un articolo dell’Economist si sottolinea come sia più facile costruire una moschea negli Usa rispetto all’Europa. Tra l’altro, secondo un sondaggio condotto dal Pew Research, i musulmani americani si sentono più integrati rispetto a coloro che vivono in Europa. E’ d’accordo?

Per quanto riguarda la costruzione delle moschee è vero ma non per tutti i paesi europei. Ad esempio in Germania, in questo momento, ce ne sono in costruzioni diverse decine, ma anche in Olanda e in Gran Bretagna. E’ verissimo che negli Usa o in Canada, costruire un edificio a forma di moschea, con cupola e minareto, non provoca quasi nessun problema, ma questo perché l’America è un paese che nasce su iniziativa delle comunità religiose – dai Pilgrim fathers in avanti – e non combatte l’islam in quanto religione. Aggiungo che quasi la metà dei sei milioni di musulmani negli Usa sono neri americani, vale a dire cittadini integrati perfettamente nel paese. Ma questo succede anche in Gran Bretagna dove ci sono 4 membri nella Camera dei Lord, tra cui una donna, tre parlamentari, un centinaio di consiglieri comunali, alcuni sindaci, un parlamentare europeo tutti di religione musulmana: dunque, un livello di istituzionalizzazione dei musulmani inimmaginabile per un paese come l’Italia. Anche in Francia il livello di istituzionalizzazione è a buon punto anche se è di natura diversa rispetto al modello inglese, perché riguarda soprattutto l’ambito culturale e universitario dove c’è un ampio riconoscimento nei confronti di professori e intellettuali musulmani. In sintesi l’Europa non offre un’immagine omogenea in questo senso, ma sicuramente negli Usa la libertà di culto è intangibile.

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