Inter-marriages in aumento anche negli Usa
Daniele Castellani Perelli 6 November 2007

Che cosa hanno in comune l’astro nascente della politica americana, il più grande golfista del mondo e il capitano dei New York Yankees? Barack Obama, Tiger Woods e Derek Jeter sono tutti e tre americani, e sono tutti e tre il “prodotto” di un matrimonio misto. Un tempo questo tipo di matrimonio era addirittura proibito negli Stati Uniti. Si dovette aspettare il 12 giugno del 1967 per legalizzarlo, quando la Corte Suprema bocciò lo statuto della Virginia perché, come altri 15 Stati, impediva a un bianco di sposare un nero. Da allora il numero di matrimoni misti è cresciuto esponenzialmente: si è passati dai 65mila del 1970 ai 422mila del 2005. Il sociologo di Stanford, Michael Rosenfeld, calcola che più del 7% dei 59 milioni di coppie sposatesi nel 2005 erano miste, rispetto al misero 2% del 1970. Aumentano i matrimoni misti interrazziali, e aumentano anche quelli interreligiosi.

“Non ci sono statistiche ufficiali – ci dice Ebrahim Hooper – portavoce del Council on American-Islamic Relations, la più grande associazione americana per i diritti dei musulmani –, ma l’impressione che abbiamo è questa”. “I matrimoni tra musulmani e non musulmani aumentano”, conferma al telefono da Washington Jamal Najjab, esperto di islam americano e giornalista del “Washington Report on Middle East Affairs”, che aggiunge: “Ma il punto chiave è che noi americani nemmeno ci facciamo più caso, non ci importa poi più di tanto se nostra figlia esce con un musulmano o con un ebreo, l’importante è che ci sia l’amore”. Figlio di una coppia interreligiosa, Jamal ha vissuto a lungo in Medio Oriente e a Washington si occupa anche del voto degli immigrati: “Mio padre era un musulmano palestinese, mia madre è cresciuta in una famiglia battista dell’Arkansas – ci racconta – e sebbene fossero entrambi molto religiosi, si sono sposati con rito civile e non hanno mai avuto problemi di natura confessionale, hanno sempre rispettato l’uno il credo dell’altra, come fa la maggioranza delle coppie miste americane”. La storia dei genitori di Jamal rappresenta un unicum per l’America degli anni ’50 (“In un certo senso sono stati dei pionieri”), ma oggi la situazione è cambiata: “Adesso i matrimoni tra musulmani e non musulmani sono molto più frequenti, anche perché ovviamente ci sono più arabi e più musulmani di venti anni fa”.

Anche un altro aspetto, però, è cambiato. Oggi sono molte di più le donne musulmane che fanno matrimoni misti. Il perché è presto detto, e ce lo chiarisce Hooper rifacendosi alla tradizione musulmana: “L’islam consente solo il matrimonio tra un musulmano e una cristiana o un’ebrea, che non deve necessariamente convertirsi all’islam. Sta a lei decidere, ma non deve venire esercitata alcuna pressione”. Anche Jamal conferma (“Per l’islam non c’è alcun problema se un uomo musulmano sposa una cristiana o un’ebrea, che appartiene cioè alla gente del libro”) e attraverso la sua esperienza racconta come anche su questo aspetto sia cambiato il costume: “Quando ero piccolo, negli anni Sessanta, i matrimoni misti avvenivano quasi esclusivamente tra uomini musulmani e donne non-musulmane. Ora è diverso. Mia moglie è dello Yemen, è musulmana come me, e ha molte amiche musulmane che si sposano con dei ragazzoni americani. Li fanno convertire, perché altrimenti la famiglia non accetterebbe, però posso assicurarvi che sono conversioni solo “cartacee”. Ma quando ero piccolo non conoscevo neanche una donna musulmana sposata a un non-musulmano”. Come si spiega questo mutamento? “Tutto cambia, progredisce, e le donne prendono coscienza dei propri diritti. Mia moglie ha due sorelle, musulmane, che hanno voluto divorziare dai propri mariti. La gente oggi è più aperta e pensa ‘Se è una brava persona e ama mia figlia, non mi importa di che religione sia’”.

L’America non è più quella di Indovina chi viene a cena?, la commedia di Sidney Poitier che spopolò proprio in quel 1967, l’anno del pronunciamento della Corte Suprema “Loving v. Virginia”. Certo, l’11 settembre è stato un colpo micidiale all’immagine dei musulmani. Ha generato paure e rafforzato i pregiudizi. Così suonano un po’ nostalgici i ricordi di Jamal: “Mio padre, in Arkansas, era guardato con grande curiosità, e anche per questo veniva invitato a parlare ogni domenica in una chiesa diversa, perché veniva dalla Terra Santa e apparteneva alla gente del Libro”. Ma nonostante tutto, secondo i sondaggi (come quelli del Pew Institute), i musulmani statunitensi sono molto più integrati di quelli europei. “Non mi sorprende, l’America è sempre stata più aperta al mix tra etnie e fedi diverse”, replica secco Hooper. E Jamal: “Non conosco abbastanza questo aspetto dell’Europa, ma certo l’America è un paese aperto, e credo anche che per un’americana sposare un arabo abbia un fascino particolare, esotico, più che per un europeo. Per mia madre era una cosa molto romantica sposare un ‘arabo’ (parola che a 17 anni, quando l’ha conosciuto, nemmeno sapeva pronunciare bene)”.

La maggioranza dei musulmani americani cerca solo di vivere la propria vita, non intende tornare nel proprio paese d’origine e non è interessata al terrorismo. Nonostante l’11 settembre, l’America si sta sbarazzando dell’idea tribale per cui ognuno deve stare nel suo gruppo etnicoreligioso. I numerosi matrimoni misti sono la prova vivente che l’integrazione ha successo, e contribuiscono a loro volta a creare un’America ancora più aperta e tollerante: “L’esposizione a un’altra cultura aiuta l’integrazione – argomenta Jamal –, è inevitabile. Secondo un sondaggio, solo un americano su cinque conosce un musulmano. Un mio amico una volta mi ha detto: ‘Stavo pensando ai musulmani e ai terroristi, e poi mi sei venuto in mente tu e ho capito che l’equazione islam uguale terrorismo non poteva funzionare’. Questo vale tanto più per una coppia mista, dove si mischiano due famiglie differenti, due culture differenti”.

Questo articolo è stato pubblicato dalla rivista Reset, numero 103.

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