Gay Parade? No, grazie. Per Mosca e’ un “evento satanico”
Martina Toti 7 February 2007

Chissà se quest’anno Elton John deciderà di andare a Mosca. Lo scorso maggio, il cantante aveva dichiarato all’Observer che bisognava accorrere nella città russa, in massa, e a rispondergli in coro era stato il “We want you” degli attivisti gay. Perché in Russia gli omosessuali non sono ben accetti e fino a pochi anni fa essere gay era addirittura un reato. L’anno scorso la prima gay pride parade nella storia moscovita venne fermata a suon di botte, perché gli attivisti, nonostante il divieto delle autorità e le proteste dei leader religiosi, avevano deciso di sfilare per le strade cittadine. La chiesa ortodossa aveva parlato di una “propaganda del peccato” e il Capo Mufti Talgat Tadzhuddin aveva affermato che gli attivisti gay scesi in piazza avrebbero dovuto essere flagellati. Ai partecipanti al gay pride non era interessato e, a dispetto delle violenze, avevano manifestato lo stesso.

Il caso però non è chiuso. Anzi è stato appena riaperto. I rappresentanti degli attivisti hanno fatto appello alla Corte dei Diritti Umani di Strasburgo e si preparano a muovere battaglia anche quest’anno. La data del nuovo gay pride è stata fissata per il 27 maggio – come quella dell’anno passato; come quando, nel 1993, Eltsin decise che l’omosessualità non era più reato. Il sindaco, Yuri Luzhkov, non ci ha pensato due volte e ha ribadito che non permetterà mai una parata gay nella capitale. “Un evento satanico”, “questa sorta di illuminismo” che i gruppi gay vogliono portare in Russia con il sostegno dell’Occidente; non è appropriato “diffondere amore omosessuale” e pubblicizzare “la blasfemia, come se fosse creatività e libertà di parola”. Luzhkov ha anche ringraziato il Patriarca Alexi II per il suo sostegno in questa difficile situazione. La chiesa russa ha, infatti, espresso la propria contrarietà a iniziative del genere chiarendo, attraverso le parole del vice-direttore delle relazioni esterne del patriarcato moscovita, l’arciprete Vsevolod Chaplin, che “nel XXI secolo le persone capiranno la malvagità delle perversioni che si oppongono alla famiglia nella sua forma naturale, riconosciuta da Dio” e che Luzhkov è “un politico responsabile che ha a mente l’opinione del suo popolo.”

Per Nikolai Alexeyev, tra gli organizzatori della gay parade nonché uno degli arrestati dello scorso anno, le affermazioni del sindaco sono quantomeno medievali, da periodo dell’Inquisizione. Alexeyev è fiducioso: quest’anno la gay pride parade si farà, e bene, senza divieti delle autorità, nonostante il sindaco sanguigno abbia già detto no. Perché c’è la Corte Europea e perché è impossibile che non si riconosca che i diritti umani degli omosessuali sono stati calpestati. E poi c’è Putin che, abbandonata la goliardia maschia che lo aveva contraddistinto nei mesi passati – chi non ricorda la sua battuta al premier israeliano accusato di molestie sessuali? – è entrato nella storia russa come il primo presidente a pronunciare una dichiarazione pubblica sui diritti degli omosessuali. “Io rispetto – e rispetterò – la libertà delle persone in tutte le sue manifestazioni – ha risposto Putin alla giornalista dell’Agence France Press che lo aveva interrogato sul tema in occasione dell’annuale conferenza stampa nel Cremlino. E ha poi spiegato che il suo atteggiamento “nei confronti delle minoranze sessuali è semplice ed è legato all’adempimento dei miei obblighi ufficiali.”

Intanto il gay pride russo sbarca a Berlino. “Mockba. Pride ‘06”, il film-documentario sulle turbolente giornate dello scorso maggio verrà presentato in anteprima al 57° International Film Festival di Berlino il prossimo 11 febbraio e sarà in gara sia nella sezione indipendente che in quella popolare. E magari il 27 maggio, chissà, Elton John terrà fede alla promessa, in un Gay pride concert tutto dedicato alla Russia, con amore.

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