La paura dell’altro. Quando i minareti diventano missili
19 May 2010

Pluralismo, integrazione, rispetto delle identità ‘altre’. E’ sotto questo auspicio che si sono aperti, presso la Bilgi University di Istanbul, i lavori degli Istanbul Seminars, terzo ciclo di conferenze, tavole rotonde e seminari organizzati dalla Fondazione Reset Dialogues on Civilisations per promuovere il dialogo culturale, religioso e politico tra Oriente ed Occidente e avvicinare – simbolicamente ma anche intellettualmente – le due sponde del Bosforo in quella che è la città simbolo, il crocevia della civiltà occidentale e del mondo orientale ed arabo-musulmano. Ad aprire la prima giornata, quella di mercoledì 19 maggio, sono stati Ferda Keskin (professore di letteratura comparata e di filosofia presso la Bilgi University di Istanbul), Nina zu Fuerstenberg (fondatrice di ResetDoc) e Giancarlo Bosetti (direttore di Reset, Caffeuropa e cofondatore di ResetDoc).

Nel suo intervento di apertura Bosetti si è focalizzato principalmente sul problema della manipolazione in chiave politica della paura e dell’insicurezza dei cittadini europei, i cui sentimenti sono oggi esacerbati dalla crisi economica e dall’aumento esponenziale del tasso di disoccupazione. Che sia diretta verso l’altro, l’immigrato o l’Islam, la paura è diventata lo strumento principale in possesso dei governi per fare pressioni sulle frange più deboli ed influenzabili della popolazione e sollevare sentimenti ostili come la xenofobia ed il razzismo. L’obbiettivo è quello di spingere l’elettorato verso un voto estremo. Ed è quello che sta succedendo in Europa, dove si assiste alla rinascita dei partiti di estrema destra (vedi Olanda, Austria, Francia o Italia) e di un discorso politico volto a rifiutare la componente multietnica che costituisce invece la base su cui si appoggia l’architettura della società europea. Un capovolgimento del panorama politico che fa dire a Bosetti che forse occorre oggi pensare una versione ‘aggiornata’ del liberalismo, un liberalismo che tenga conto di una Europa multietnica e multi-confessionale e sensibile alla diversità.

Bosetti ha ricordato che è proprio a partire dalla diversità culturale e religiosa che l’Europa può costituire una prospettiva di ricchezza per il futuro. Dall’altro lato il riavvicinamento tra le due sponde non può essere effettuato con un’operazione unilaterale da parte dell’Occidente, ma attraverso una prospettiva pluralista che tenga conto della diversità specifica dell’Oriente arabo-musulmano. La gestione corretta e razionale del problema dell’immigrazione può essere in questo senso una risorsa decisiva. Un grande passo decisivo verso l’avvicinamento dei popoli dei due versanti potrebbe inoltre essere quello del dibattito europeo sull’ingresso della Turchia nella Ue. Altro momento significativo della giornata di oggi, che ha visto anche un intervento di Abdou Filai-Ansary, ex direttore dell’Istituto per lo studio delle civiltà musulmane presso l’Università Aga Khan di Londra, è stata la lectio di Nilüfer Göle, ordinaria della cattedra di Sociologia presso l’Ecole des Hautes Etudes di Parigi (EHESS).

Partendo dall’illustrazione fotografica dello skyline della città di Istanbul, delle sue cupole, moschee, minareti, campanili – il paesaggio dunque pacifico di una città multietnica e dalla ricca storia religiosa – Göle ha esposto il problema sociologico costituito dal rifiuto dell’esistenza di un Islam nello spazio pubblico europeo. Dietro il dibattito sul velo integrale, sull’edificazione dei minareti (vedi tragico percorso del referendum svizzero) ed in generale sulla presenza ‘visibile’ dell’Islam nello spazio pubblico, Göle vede il preoccupante insorgere di un’islamofobia transnazionale che non riconosce all’Islam un vero e proprio statuto ed una propria specificità nel contesto sociale dell’Ue. Lo spazio religioso diventa dunque spazio dell’emergenza e del pericolo, l’Islam è obbligato a nascondersi, trasformarsi (ed anche irrigidirsi) per poter evitare di essere ricacciato ai margini della società. In quest’ottica perversa, dal punto di vista simbolico, i minareti diventano missili e le donne velate il presagio dell’imposizione della sharia su scala europea. Uscire da questa visione allarmistica è fondamentale per far fronte alle sfide del futuro.

Ai seminari, che si chiuderanno il 24 maggio prossimo, parteciperanno, oltre importanti personalità politiche come il ministro turco per gli affari europei Egemen Bagis e l’ex ambasciatore a Teheran ed attuale ambasciatore italiano in India Roberto Toscano, figure del panorama filosofico e intellettuale mondiale quali Zygmunt Bauman, professore emerito di Sociologia presso l’Università di Leeds, Edgar Morin, direttore di ricerca al CNRS di Parigi e titolare di una cattedra a l’Unesco, Ramin Jahanbegloo, professore di scienze politiche presso il Center for Ethics dell’UNiversità di Toronto e Alain Touraine direttore di ricerca del Center for Sociological Analysis and Intervention (Cadis) presso l’Ecole des Hautes Etudes di Parigi (EHESS). Da segnalare nei prossimi giorni la tavola rotonda sulla questione se la religione possa essere considerata un fattore di integrazione o invece di divisione, alla quale parteciperanno Sadik-Al-Azm, professore emerito di filosofia moderna europea all’università di Damasco, Fred Dallmayr, professore presso il dipartimento di scienze politiche e di filosofia dell’università di Notre Dame, ed Ibrahim Kalin, consigliere del primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan.

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