“Europei, ora apritevi alle nostre banche”
Hatem Abu-Said intervistato da Khalid Chaouki 9 December 2008

Come valuta la crisi finanziaria ed economica attuale? E quali sono secondo lei le cause principali?

Tanti osservatori hanno paragonato questa crisi a quella degli anni ’30 del secolo precedente. Io credo invece che, visti i riflessi e le conseguenze, questa sia la crisi finanziaria più grande e più complessa della storia. Siamo arrivati a questa situazione perché c’è stata una certa assenza della supervisione su come si stava procedendo nel campo finanziario. E c’è stata una incontrollata fame da parte dei banchieri di accrescere rapidamente i loro profitti, senza tuttavia valutare dovutamente i rischi che ciò comportava e soprattutto in un sistema di controlli pressoché inefficaci.

Questa crisi ha avuto degli effetti anche sul mondo arabo e soprattutto per l’area del Golfo? Dove si sono verificate le maggiori criticità?

C’è stato senz’altro un riflesso negativo sia per quanto riguarda la finanza che l’economia reale in alcuni dei paesi arabi più ricchi, e in particolare i Paesi del Golfo. A livello finanziario, anche degli investitori arabi avevano importanti investimenti in società americane e occidentali, a partire dalla Lehman Brothers, e hanno perso buona parte dei loro investimenti come è avvenuto a loro colleghi in tutto il mondo. E non è nemmeno un segreto che una banca del Kuwait, insieme ad altre banche dell’area, hanno avuto alcune difficoltà rischiando, parimenti ad altri simili istituti internazionali, che sono stati però salvati dal puntuale fattivo intervento delle autorità finanziarie e politiche locali, che hanno impedito tempestivamente le conseguenze peggiori. Un intervento per cui va dato atto alle autorità arabe di essere state capaci di prevenire e rapidamente intervenire per arginare e tentare di rilanciare il mercato finanziario del Golfo. Per quanto riguarda l’economia reale, l’aspetto più critico sicuramente è il settore immobiliare, che ha visto una brusca frenata sempre direttamente connessa al tracollo negli Stati Uniti e nei principali mercati in UE e nel mondo. L’altro aspetto critico per il contesto arabo è stato il crollo improvviso del prezzo del petrolio, che per i paesi del Golfo rappresenta una risorsa fondamentale.

Oltre gli effetti concreti della crisi, ritiene ci siano altre conseguenze?

Ora il vero problema è la fiducia perduta da parte degli investitori e della gente comune nel sistema finanziario mondiale, incluso quello più avanzato dei mercati europei ed americani. Credo che si dovrà ripartire da questo aspetto, che è fondamentale per poter riparlare di ripresa economica. Un processo che avrà bisogno di tempo e che a mio avviso potrà riprendere a partire dal 2010. Questa crisi spero porti finalmente gli investitori arabi a diversificare di più il rischio di investimento e iniziare finalmente a conoscere e investire maggiormente non solo nel mercato americano, ma anche nei mercati europei, a partire dall’Italia, che secondo la mia lunga esperienza rappresenta un’ottima opportunità. Diversificazione è la parola d’ordine, insieme al recupero della fiducia persa e un nuovo processo di apertura da parte dei paesi dell’Unione Europea, che ritengo dovranno in alcuni casi operare per incentivare maggiormente gli investimenti arabi pubblici e privati nei loro mercati. Aprirsi, come sta avvenendo nella vicina Francia, al sistema bancario islamico, ovviamente come di norma assoggettato alle autorità locali di vigilanza, è una via ben utile e sicuramente rappresenta una valida risposta alla crisi attuale grazie ai meccanismi di autocontrollo che questo sistema prevede, condividendo con il cliente rischi e benefici.

Quali sono allora secondo lei i limiti per cui in Italia non c’è ancora una banca islamica?

Credo che l’ostacolo maggiore sia la conoscenza e la comprensione del sistema economico islamico, che innanzitutto è un sistema aperto a tutte le etnie e religioni. La banca islamica non è assolutamente fatta per soli musulmani, ma il termine “islamico” sottolinea solamente l’adozione delle regole previste dalla Sharia. Rispetto al passato, riscontriamo oggi grande interesse da parte di diversi istituti italiani, incluse le banche, al sistema bancario islamico, e credo che gradualmente vi sarà una maggiore apertura al fenomeno anche in Italia. Ci tengo a sottolineare che nell’UE l’esperienza pluriennale del Regno Unito, dove ormai vi sono almeno quattro banche islamiche operative ed altre in corso di considerazione, il sistema bancario islamico è in continua crescita e coinvolge sempre più soggetti di tutte le etnie, non solo musulmani, a tal punto che lo stesso governo britannico ha introdotto recentemente emendamenti e regole per poter incentivare la possibilità di adottare la finanza islamica anche in campo immobiliare, oltre al campo bancario e finanziario. E mi risulta anche che la vicina Francia stia seguendo questo processo.

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