Ma anche noi dobbiamo farci avanti
Khalid Chaouki 18 March 2008

“Immigrati? Immigrazione? Meglio non parlarne”. Sembrerebbe questo lo slogan elettorale che tra qualche giorno vedremo scritto in qualche manifesto e appeso sui muri delle nostre città. Un silenzio assordante e bipartisan che ha (per ora) tenuto a completo digiuno anche il solito Calderoli e i suoi amici della Lega Nord, eccetto qualche breve dichiarazione che ribadiva il no ai clandestini. Nelle stanze dei partiti tutti sanno, ma nessuno dice, che il tema relativo all’immigrazione e agli immigrati fa perdere voti. Insomma, meglio non parlarne, anche perché la stragrande maggioranza di loro non ha ancora diritto di voto.

Una tendenza negativa che di fatto mira all’emarginazione non solo delle tematiche dell’immigrazione, ma anche dei leader dell’immigrazione, che troppo spesso hanno fatto da sfondo “colorato” alle grandi kermesse politiche. Un approccio multiculturalista, per quanto riguarda le formazioni di centrosinistra, che relegava l’inclusione dell’immigrato impegnato politicamente e nella società civile ad una dimensione di solidarietà terzomondista, nulla di più. E già nelle scorse elezioni politiche il partito dei Democratici di Sinistra sacrificò il movimento dei “Fratelli d’Italia”, guidato dall’italo-senegalese Aly Baba Faye, rinunciando a candidarlo in una posizione accettabile e non ascoltando l’appello di centinaia di “nuovi italiani” iscritti al partito che era allora simbolo del riformismo italiano.

Qualcuno replicherà che ora il vento è cambiato e che il nuovo Partito Democratico guidato da Walter Veltroni ha voltato pagina. Non è così. Nelle liste del Pd nemmeno un candidato dal cognome leggermente esotico e, ancora peggio, l’unico parlamentare uscente di origini arabe del gruppo ex Ulivo, Khaled Fouad Allam, non è stato ricandidato. D’altra parte il Pdl ha candidato la leader delle donne marocchine Souad Sbai alla Camera e la Lega Nord ha candidato al Senato Zakaria Najib. Due candidati noti per le loro proposte politiche tutte orientate in chiave polemica e critica verso il mondo dell’immigrazione e delle comunità islamiche in particolare, e propositori di misure più radicali per contrastare la clandestinità, senza però valorizzare quel mondo invisibile dell’immigrazione che lavora e che produce.

La svolta dello schieramento di centrodestra e destra-destra non va però letta solo come una mera strumentalizzazione di un gruppo di “immigrati buoni” che se la prendono con i loro simili, ma come una presa di coscienza e una piena consapevolezza politica, da parte dei leader di Alleanza Nazionale e della Lega Nord, dell’enorme potenziale che l’immigrazione offre non solo in termini di futuri voti, ma anche per quanto concerne la centralità del tema immigrazione, divenuto in breve tempo tra i punti critici nell’agenda politica nazionale ed europea. Una visione pragmatica e di Realpolitik con cui si è distinto anche lo schieramento conservatore d’oltralpe. Il presidente francese Sarkozy aveva promesso e realizzato una serie di azioni volte a valorizzare la rappresentanza, nelle istituzioni, dei francesi di origine straniera, come la nomina a ministro della giustizia di Rachida Dati, avvocato di origini marocchine.

E perché allora il partito del “Si può fare”, nonostante l’esperienza del suo leader Veltroni a favore del dialogo tra le culture e la nomina da sindaco di Roma del giornalista africano Jean Leonard Touadi ad assessore alla sicurezza, non ha incluso nelle sue liste esponenti del mondo dell’immigrazione? E’ tutta colpa della mentalità tuttora diffusa in alcuni ambienti del centrosinistra, oppure sono i leader di origine straniera che devono farsi avanti? Una prima risposta è la necessità di operare una vera rivoluzione culturale in cui la dimensione di cittadinanza attiva e partecipativa deve diventare la parola d’ordine e il bisogno vitale da parte degli immigrati di svolgere un ruolo di responsabilità a favore della collettività dovrà trovare corrispondenza reale e dovrà essere tradotto in azioni concrete.

Sicuramente c’è ancora tanto da fare, e la delusione di molti simpatizzanti di origine straniera è evidente e condivisa da alcuni esponenti del Pd. Sarà interessante osservare dopo le elezioni quale strada prenderanno i due schieramenti in tema di responsabilizzazione dei “nuovi italiani”, e soprattutto se l’eventuale eletto di origine straniera nelle file del PdL sarà ostaggio degli slogan anti-immigrati, oppure vorrà rappresentare le istanze di tutti gli immigrati al di là dell’orientamento politico di cui sono rappresentanti.

Khalid Chaouki, giornalista, è membro della Consulta islamica italiana e candidato con la lista “Moderati per Roma con Rutelli” alle comunali di Roma del 2008.

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