Un falso problema
Amara Lakhous 9 February 2009

Il Presidente della camera Gianfranco Fini ha scelto un palcoscenico internazionale per ribadire la sua posizione rispetto alla presenza dell’Islam in Italia. Ad Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti, Fini ha dichiarato: “La predicazione nelle moschee deve essere fatta in lingua italiana. E, più in generale, il Corano deve essere predicato nella lingua del paese in cui il musulmano vive”. È giusto esportare questo dibattito ‘italianissimo ed immaturo’ all’estero? Non sarebbe più utile approfondire le questioni che riguardano gli immigrati musulmani, prima di tutto all’interno della maggioranza di governo?

Queste sono due domande che mi piacerebbe porre alla terza carica dello Stato. Quella di italianizzare il sermone del venerdì è un falso problema, o almeno non è una priorità. Penso che la dichiarazione di Fini abbia soltanto una valenza mediatica (far parlare di sé e non essere sepolto dai suoi soci Berlusconi e Bossi), quindi non avrà nessun effetto sul piano politico. Le mie perplessità sono tante, mi limito a citarne alcune:

Primo. La Lega Nord ha ormai carta bianca sulle questioni dell’immigrazione. Il Presidente della Camera dovrebbe far sentire di più la sua voce contro i suoi alleati di governo. Cinque mesi fa, il vicesindaco di Treviso ha detto in un comizio a Venezia: “Voglio la rivoluzione contro quelli che vogliono aprire le moschee e i centri islamici. Qui comprese le gerarchie ecclesiastiche, che dicono: lasciamoli pregare. No. Vanno a pregare nei deserti. Voglio la rivoluzione contro i phone center i cui avventori si mettono a mangiare in piena notte e poi pisciano sui muri: che vadano a pisciare nelle loro moschee”. Parole gravissime. Gianfranco Fini non può continuare a comportarsi come un comune cittadino o un esponente dell’opposizione. È il secondo leader (o forse il terzo) dopo il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Quindi deve far valere le sue idee, sugli immigrati in generale e sull’Islam ‘italiano’ in particolare, all’interno del suo schieramento politico.

Secondo. L’impostazione di Fini sui musulmani in Italia rimane ostaggio dell’ossessione di considerare l’Islam solamente un problema di ordine pubblico, per cui di conseguenza tutti i frequentatori delle moschee sono potenziali terroristi! Da qui nasce l’esigenza, ovviamente infondata, di imporre agli imam di rivolgersi ai loro fedeli in italiano, e non in arabo, per poterli controllare meglio. Qui mi concedo una provocazione polemica: per motivi di sicurezza, non sarebbe più efficace lasciare che gli imam facciano i loro sermoni in arabo, per individuare quelli facinorosi da espellere subito nei paesi d’origine? Una trappola perfetta con prove schiaccianti!

Terzo. Insistere sull’italianizzazione del sermone del venerdì è come gettare fumo negli occhi. Oggi si nega ai musulmani in Italia (più di diecimila sono i cittadini italiani convertiti all’Islam) di avere i loro luoghi di culto come tutti i credenti delle altre religioni. C’è chi parla di referendum locale per la costruzione di una moschea, dimenticando i due articoli della costituzione che garantiscono la libertà di culto. Non possiamo trascurare la proposta della Lega Nord che vieta l’edificazione di qualsiasi luogo di preghiera musulmano a meno di un chilometro da una chiesa!

Infine occorre ricordare che ‘italianizzare’ i sermoni del venerdì non è una nuova proposta, bensì appartiene alle varie misure per contrastare il cosiddetto ‘terrorismo islamico’ dopo l’11 settembre 2001. Gli imam erano (e sono tutt’ora) oggetto di forte diffidenza, perché sono considerati dei “cattivi maestri”, ovvero quelli che reclutano nuovi terroristi in nome della Jihad, la guerra santa. Il problema in realtà esiste, però è posto male. Nelle moschee italiane ci sono imam che parlano solo arabo, e non conoscono il contesto italiano (Compreso l’imam della grande moschea di Roma che viene nominato direttamente dalle autorità religiosa egiziana, Al Azhar). Quindi sarebbe opportuno imitare il modello francese, istituendo una scuola per formare gli imam. Ultima richiesta: Signor Presidente della Camera, Facta, non verba!

Amara Lakhous, scrittore e antropologo italo-algerino. Residente a Roma dal 1995. Autore di “Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio”, e/o, 2006.

SUPPORT OUR WORK

 

Please consider giving a tax-free donation to Reset this year

Any amount will help show your support for our activities

In Europe and elsewhere
(Reset DOC)


In the US
(Reset Dialogues)


x