Dove va l’Egitto? Conversazione con Samir Amin e Roger Owen
Giuseppe Acconcia 14 luglio 2013

Professore Amin, ripercorriamo le tappe di quest’anno in cui i Fratelli musulmani sono stati al potere. Morsi ha vinto dopo otto giorni di incertezza e con l’eliminazione del nasserista Sabbahi al primo turno, c’è stata manipolazione del voto?

Si è trattato di una frode elettorale massiccia. Hamdin Sabbahi doveva essere ammesso al secondo turno ma l’ambasciata americana non ha voluto. Gli osservatori europei hanno ascoltato i consiglieri diplomatici americani e hanno chiuso un occhio sulle frodi. Inoltre, i cinque milioni di voti per Sabbahi erano lucidi e motivati. I cinque milioni per Morsi rappresentavano invece la parte più miserabile della popolazione, senza coscienza politica: i voti della gente che si comprano con carne e latte.

Ma lo scontro più duro con la piazza è arrivato con il decreto presidenziale del novembre scorso che estendeva i poteri presidenziali.

Morsi ha iniziato con alcune settimane demagogiche in cui prometteva di ascoltare i contestatori. Poi ha chiarito come dietro di lui ci fossero i paesi del Golfo. Si è quindi trasformato in esecutore del valore del murshid (Mohammed Badie, leader del movimento dei Fratelli musulmani, ndr).

L’assenza di lucidità politica si è manifestata con l’approvazione di una Costituzione redatta dalla maggioranza dei Fratelli musulmani nel dicembre scorso?

Una dittatura della maggioranza. Dai giudici è venuta però una contestazione senza precedenti tanto che si sono opposti alla ratifica dei risultati del referendum costituzionale. Lo scopo di Libertà e giustizia (partito della Fratellanza, ndr) era di costruire una teocrazia sul modello iraniano. Molti politici islamisti avevano l’intenzione di creare un Consiglio costituzionale di ulema, camuffandolo con Al-Azhar, (massima istituzione sunnita, ndr).

Ma qualcosa è cambiato in meglio in questo anno di presidenza Morsi?

Permane l’ambiguità della divisione del potere con l’esercito che resta dietro il sipario per intervenire direttamente. I militari sono una classe corrotta, garantita dagli aiuti degli americani, composti da segmenti di classi diverse, divisi al loro interno da correnti politiche molte delle quali vicine a Fratelli musulmani e salafiti. Ma se ci fossero elezioni normali, con un periodo democratico di preparazione, i Fratelli musulmani sarebbero battuti. Se nulla cambia, permarrà un clima  repressivo e il voto sarà manipolato dalla corruzione e falsificato come il precedente.

Professor Owen, gli Stati Uniti hanno accolto con favore il golpe militare egiziano o anche loro sono stati colti impreparati dall’evolversi degli eventi?

Le autorità statunitensi sembrano non sapere cosa fare e di non voler peggiorare le cose. Mantengono un’influenza sull’esercito eppure sono stati sorpresi, ormai l’ambasciatore americano in Egitto Anne Patterson aveva imparato a lavorare con i Fratelli musulmani. Come spiega il docente egiziano Khaled Fahmy, Washington ha pensato di dover lavorare con i partiti islamisti in Medio oriente perché hanno una grande capacità di mobilitazione elettorale. Hanno però constatato che non sono capaci di governare efficientemente.

Nel suo messaggio, Obama non ha parlato di colpo di stato ma un via libera da Washington agli arresti per Morsi in qualche modo c’è stato?

Certamente sì. D’altra parte, gli americani non parlano di golpe per la questione degli aiuti militari e economici. Però Obama sa bene che anche i militari sono incompetenti, non sono stati in grado di gestire la precedente fase di transizione. Gli Stati Uniti hanno difeso Mubarak per anni, tentando di evitare che l’esercito interferisse. Quando i militari hanno preso il controllo diretto in politica, gli Stati Uniti si sono espressi costantemente a favore di un governo civile. In generale agli americani non piace l’idea che i militari controllino direttamente il potere. Sono poi interessati a rifornire l’Egitto con materiali che l’esercito egiziano spesso non sa e non vuole usare.

Queste interferenze hanno prodotto in Egitto un diffuso sentimento di anti-americanismo?

Gli americani si dicono difensori della democrazia e sostengono Mubarak, si oppongono alla commistione tra religione e politica ma poi sostengono i Fratelli musulmani. Questa è stata l’ultima parola di Morsi ai militari prima di essere deposto: «sarete accusati di essere agenti degli Stati uniti e dei sionisti». Ma la gente, grazie alle informazioni e alle rivelazioni, anche di Wikileaks, sanno quanto i militari sono corrotti. Quindi questa soluzione può essere efficace per l’esercito nel breve periodo perché rafforza la sua immagine di salvatore dell’Egitto, ma nel lungo termine non aiuterà lo sviluppo economico del paese. L’esercito interviene per fermare la mobilitazione popolare, dice di farlo in nome del popolo ma in realtà lo fa per far tornare il popolo a casa. È avvenuto lo stesso durante la rivoluzione francese.