Una moschea nella prateria. Anche i musulmani sanno prendersi in giro
Elisa Pierandrei 16 marzo 2010

L’integrazione affrontata con ironia è la chiave del successo di una sit-com in onda sulla tv pubblica canadese CBC, diventata un caso internazionale. Si tratta di Little Mosque on the Prairie, letteralmente La Piccola Moschea nella Prateria, titolo ispirato alla famosa serie degli anni ’70 “La casa nella prateria”. Qui le ambientazioni campestri però non ci sono. Nell’America post-11 settembre si gira nella cittadina immaginaria di Mercy, agitata dalla presenza di una comunità di musulmani, raccolta intorno a una moschea all’interno di una parrocchia anglicana.

“La sit-com è un’idea della scrittrice e regista anglo canadese, Zarqa Nawaz – spiega Mary Darling, la produttrice esecutiva, insieme a Clark Donnelly, per la Westwind Pictures – Ad ispirare la storia è stata l’esperienza del suo reale trasferimento da Toronto ad una cittadina nella prateria, chiamata Regina. Eravamo inoltre interessati a sviluppare il tema di un Imam proveniente da una famiglia progressista canadese. Questo per spiegare che la maggior parte dei nostri Imam, che è nata altrove, si porta con sè precetti che invece spesso non sono condivisi dai musulmani canadesi”. Nessun complotto terroristico internazionale, quindi, si insinua fra le spassose gag di Little Mosque on the Prairie.

Uno dei personaggi principali, invece, è proprio un ex avvocato di Toronto, Amaar, che lascia la carriera per rispondere alla sua vera vocazione: diventare la guida spirituale della comunità islamica locale. E’ la dimensione quotidiana dello scontro di civiltà in una comunità di provincia, quella che si vive nei condomini multietnici oppure al supermercato alla ricerca di cibo halal (lecito per l’Islam), quindi, a fare da sfondo a questa serie. Dopo un debutto da record, nel 2007, di pubblico e di critica (nello stesso anno la sit-com ha ottenuto un riconoscimento al Roma FictionFest) adesso sulla tv canadese va in onda la quarta serie. Nonostante il tema insidioso, in questi anni molte emittenti straniere hanno deciso di trasmetterla.

“Little Mosque on the Prairie è andata in onda in 80 Paesi, fra i quali Turchia e Israele. Recentemente anche la RAI tv italiana si è interessata a noi e speriamo di vedere la sit-com pesto in onda anche nel vostro Paese”, dice la Darling. Intanto l’avventura per la produzione canadese continua. “Stiamo iniziando a lavorare allo script della quinta serie, le cui riprese si svolgeranno in primavera ed estate – spiega la produttrice – Questo successo dimostra che siamo riusciti a soddisfare le aspettative della nostro audience, soprattutto famiglie con diversi background”. La Darling sembra essere convinta che la gente comune prova grande curiosità nei confronti dei vicini musulmani. Ma nella scoperta di questo universo sconosciuto vuole essere rassicurata. Magari guardando scenette di intelligente leggerezza che scatenano risate di liberazione.

Conclude, quindi: “La serie ha suscitato curiosità perché ha presentato storie universali di musulmani mai viste prima in tv, diverse da quelle trasmesse dalle news, di solito negative, e dai documentari. Non erano mai andate in onda nemmeno commedie con musulmani come protagonisti. Anche l’idea di dipingere “gli altri (musulmani, ndr) come noi” era una novità. Alla fine ci è sembrato addirittura che questo nuovo prodotto potesse aiutare a promuovere il riconoscimento della comunità islamica”. Alla Westwind Pictures hanno dimostrato di non dover temere reazioni troppo critiche e violente dalla comunità musulmana come quelle registrate nel 2005 per la pubblicazione da parte di un giornale danese di vignette satiriche sul Profeta Maometto. “Non eravamo preoccupati di oltrepassare la linea rossa (con battute inappropriate, ndr), ma conoscere che ce n’è una ci ha aiutati a non infrangerla. Credo che si tratti tanto di non superare la linea rossa quanto di rispetto”.