Dire “Dio mi perdoni” può essere pericoloso?
Amara Lakhous 3 gennaio 2011

Non è sbagliato il detto arabo “le peggiori disgrazie ti fanno ridere”. Corrisponde perfettamente a quello che è accaduto a Mohamed Fikri, un immigrato marocchino di 25 anni. È stato arrestato nel Nord Italia con l’accusa di omicidio e occultamento del cadavere di Yara, la tredicenne bergamasca scomparsa in circostanze misteriose. Gli inquirenti si sono basati su una telefonata del marocchino ad un amico, che tradotta recitava: “Dio mo perdoni, non l’ho uccisa io”. Di fronte all’insistenza dell’imputato, che reclamava la propria innocenza, il Pubblico Ministero ha ordinato un’altra traduzione. E qui è arrivato il colpo di scena: Fikri non ha mai pronunciato la frase “non l’ho uccisa io”, si è limitato a chiedere il perdono a Dio. Per fortuna è stato rilasciato dopo due giorni trascorsi in galera.

Gli inquirenti hanno commesso un gravissimo errore, che poteva rovinare la vita di un povero immigrato innocente. Credo che il nocciolo del problema consista nel non prendere in considerazione il contesto generale e trascurare alcuni dettagli importanti che riguardano la cultura araba e musulmana. Nella nostra vita quotidiana di musulmani, si usano molto espressioni come Astaghfiro Allah, Dio mi perdoni, Bismi Allah, in nome di Dio, Allahu Akbar, Dio è grande. Non c’è nessun nesso con atti riprovevoli o criminali. Non si puoi tacciare di estremismo religioso quanti le pronunciano. Capita ad un musulmano dire in un momento di rabbia: “Dio mi perdoni”, invece di bestemmiare o insultare, e “Dio è grande” in stato di gioia e di esultanza.

Questo caso ha suscitato molti commenti sulla stampa. C’è chi ha sostenuto che la ragione sia la difficoltà di comprendere l’arabo. Questa giustificazione è inaccettabile per due motivi fondamentali. Primo. In Italia ci sono dei bravissimi traduttori dall’arabo in grado di evitare tali errori. Inoltre ci si può affidare a centinaia di immigrati arabi che possiedono la padronanza non solo dell’arabo e dell’italiano, ma anche dei dialetti locali arabi. Bisogna sfruttare queste esperienze e competenze. Secondo. La lingua araba non è straniera in Italia perché fa parte del suo patrimonio linguistico e culturale. Basta citare la Sicilia dove la presenza araba è durata più di due secoli.

Infine il caso di Mohamed Fikri (conclusosi con il lieto fine) ha confermato per che la magistratura italiana è lontana dalla propaganda anti-immigrati. È quindi affidabile e merita di essere il perno della democrazia di questo paese.