Islam, i nuovi predicatori vanno in televisione
Azzurra Meringolo 2 marzo 2012

“La mancanza di respiro posso vederla” canta Fatima con gli occhi lucidi. “Posso vederla attraverso la griglia del suo niqab” aggiunge Miriam completando il ritornello intonato da un’orda di ragazzi riunitisi al Sawy Cultural Center del Cairo per ascoltare Moez Masoud. Barba rasata, abbigliamento occidentale, linguaggio accattivante. Non è un cantante e neanche un politico, Masoud è un missionario laico che intrattiene un pubblico di giovani musulmani praticanti. Utilizzando uno stile occidentale, Masoud cerca di trasmettere loro messaggi religiosi tradizionali. “Ho ritrovato la fede dopo un periodo di vagabondaggio. Ho rincontrato Dio dopo un incidente e un’operazione chirurgica. Ho visto amici morire di overdose e ho ritrovato il mio rapporto con Allah” spiega questo celebre telepredicatore egiziano reso famoso da Iqra tv, un canale satellitare saudita.

“Sono cresciuto in una famiglia tradizionale, ma laica. Ho iniziato a leggere il Corano quando avevo 25 anni, mentre ero in un circolo di tiro a segno” spiega invece Amr Khaled. “Un giorno non c’era nessun predicatore e mi hanno chiesto di tenere un sermone.” Lui ne ha improvvisato uno sull’importanza delle buone maniere . Questo è stato così tanto apprezzato da chi lo ascoltava, che gli è stato chiesto di parlare tutte le settimane.

Così è nata l’avventura di Khaled, l’egiziano considerato il re delle prediche televisive, nominato nel 2007, dalla rivista Times, uno degli uomini più influenti del mondo. A rendere celebre Khaled è stato “Parole che vengono dal cuore”, un programma girato in uno studio a forma di mezzaluna islamica su uno sfondo di pannelli in alluminio e luci viola. Lui, seduto su una scrivania, parlava, faceva intervenire il pubblico e intonava una preghiera collettiva. Un suo amico filmava tutto, spedendo poi le registrazioni a un paio di televisioni locali che si sono rifiutate di mandarle in onda. Le videocassette sono allora arrivate sui banchetti dei venditori ambulanti del Cairo, dove sono andate a ruba. Questo ha convinto i dirigenti di Dream Tv a comprarle per mandarle in onda sulla loro emittente satellitare.

Moez Masoud e Amr Khaled erano ancora piccoli quando, seguendo l’esempio di Billy Graham, negli Stati Uniti alcuni cristiani hanno iniziato a utilizzare la televisione come un pulpito dal quale predicare il Vangelo, attraendo milioni di seguaci con sermoni di fuoco. Eppure all’alba del nuovo secolo sono proprio loro che, emulando il predicatore battista americano, tentano di rivoluzionare il mondo della televisione araba, facendo convergere proselitismo e intrattenimento. Nei loro programmi la fede entra nella vita moderna e nella quotidianità di un popolo di fedeli che vive, silenziosamente, i problemi che gli si presentano, mettendo Allah al centro.

A rendere possibile il successo di queste star della telepredicazione è stata la diffusione di canali satellitari che sono in parte sfuggiti al monopolio delle televisioni di stato. Affermandosi come nuove piattaforme, queste sono arrivate ad attrarre uomini di affari che hanno iniziato a guardarle come uno strumento per influenzare l’opinione pubblica. I canali religiosi non sono poi avulsi dalle dinamiche del mercato. Tra coloro che hanno investito in questa avventura troviamo per esempio il principe saudita Al-Waleed bin Talal, uomo che, oltre ad avere quote importanti di EuroDisney e di varie compagnie televisive europee, ha finanziato il canale religioso Al-Resalah. Ed è proprio per attrarre giovani telespettatori che queste emittenti si sono servite di telepredicatori come Moez Masoud e Amr Khaled.

E se l’operazione ha riscosso grande successo in Egitto, questa non è rimasta confinata all’interno del paese delle piramidi. In Arabia Saudita uno dei più famosi telepredicatori è Ahmad al-Shugairi, giovane che confessa di aver sprecato la sua gioventù sulle spiagge californiane tra donne e alcool. In Indonesia a fare parlare è stato soprattutto Abdullah Gymnastiar, uomo che ha deluso le sue telespettatrici quando, nel 2006, ha deciso di prendere una seconda moglie.

La diffusione di queste star rimette al centro del dibattito la relazione tra devozione, intrattenimento e mezzi di comunicazione popolare, perché invece di criticare la televisione come uno strumento che può condurre i musulmani alla corruzione allontanandoli dalla fede, i telepredicatori la usano per rivolgersi ai fedeli e per mostrare, tanto in casa che in Occidente, l’esistenza di un altro volto, moderato, dell’Islam.

Nonostante il successo di audience e di proselitismo, l’attività di questi telepredicatori è stata criticata da imam più tradizionali che sottolineano la differenza tra popolarità e autorità. “Amr Khaled non ha alcuna qualifica per predicare. È un esperto di business che non ha studiato nei dettagli il Corano” ha detto Yusuff al-Qaradawy, uno dei più celebri imam sunniti reso famoso da “Shari’a e vita”, una trasmissione di Al-Jazeera. Gli islamisti considerano Khaled un uomo superficiale, troppo indulgente nei confronti dell’Occidente. I moderati lo descrivono come un alleato del movimento islamista della Fratellanza Musulmana e vi sono poi quanti ritengono che a convincerlo a trasferirsi in Inghilterra siano state le minacce del “vecchio” regime egiziano, intimorito dalle sue capacità di riunire le folle.

Critiche a parte, in Europa alcuni credono che i telepredicatori possano anche essere potenziali alleati per combattere l’estremismo islamico. È in questa ottica che nel pieno delle primavere arabe non sono stati pochi quanti si sono interrogati sullo schieramento politico di queste star televisive. A dichiarare il loro orientamento sono stati, ad esempio, Moez Masoud e Amr Khaled, che lo scorso marzo hanno reso noto il loro no al referendum costituzionale tenutosi in Egitto. E se, fino ad ora, nessuno di loro ha ufficialmente debuttato in politica, l’incontro dello scorso gennaio tra Khaled e Ahmed al-Tayeb, il grande imam dell’università islamica di ‘al-Azhar, ha confermato quanto sia cresciuta l’importanza di questi missionari laici. Pur non avendo frequentato alcuna accademia religiosa, i telepredicatori sono stati infatti interpellati su questioni, come quella del rinnovamento del discorso islamico, che sono al centro del dibattito socio-politico attuale.