Uno speedy-pizza nella Roma multietnica
Daniele Castellani Perelli 15 aprile 2010

Fare lo speedy-pizza a Roma può essere un ottimo modo per affrontare e capire una città che spesso spaventa chi ci vive ma non ci è nato, italiano o straniero che sia. È questa una delle chiavi principali che Roan Johnson, 35enne scrittore esordiente, italianissimo nonostante il nome, usa nel suo Prove di felicità a Roma Est (Einaudi, 2010, 166 p., euro 16,50), un romanzo che racconta la vita di un ventunenne toscano sbarcato a Roma per finire gli studi.

Lorenzo Baldacci, il protagonista, si paga la sopravvivenza nella capitale consegnando pizze in motorino a Roma Est. Ed è proprio in pizzeria che conosce Samia, una ragazza di origine marocchina (e doppiamente immigrata, essendo fuggita da Genova) per cui perde presto la testa, finendo con il perdersi in un amore ossessivo e paranoico («Le altre sono sciape o mielose. Samia è salata»). Sebbene sia in fondo una storia adolescenziale leggera (con tanto di tipiche leggere corna adolescenziali), sullo sfondo delle esistenze un po’ incasinate dei ragazzi italiani si stagliano quelle, più complicate, di chi in Italia è venuto per fuggire la povertà. Come la badante ucraina Ileana, i friggitori bengalesi, l’albanese Micho e il coinquilino bulgaro.

Il lavoro di “portatore di pizza” nasconde inoltre un punto di vista interessante sull’Italia di oggi. Perché ha «anticipato l’era del precariato e del postfordismo», è «il lavoro che il nuovo sistema aveva assunto a modello». E perché permette di entrare nelle case di tante persone e di carpirne le fobie («Il contatto con l’altro crea un certo sospetto. La gente si infastidisce o si vergogna a farti entrare: ci vorrebbe un vetro davanti alla porta di casa con una feritoia per far passare il cartone e i fritti»).

In un libro così breve, molto risulta solo abbozzato (come il tema dell’immigrazione). Ma al termine della lettura restano alla mente alcune belle impressioni, come la descrizione della (rumorosa) vita in un quartiere popolare di Roma (con «gli sciacquoni mattutini, i telegiornali del pranzo, il silenzio digestivo delle due, le liti delle sei e mezzo e quelle peggiori a notte fonda»). Resta inoltre la sensazione che Roan Johnson, prima o poi, farà ancora parlare di sé.