Se Maometto parla napoletano
Ernesto Pagano 11 gennaio 2011

“Cercavo un libro su Maradona, ma poi ho trovato il Corano e così è cambiato tutto”. Ciro Capone, napoletano, vent’anni e una terza media raggiunta a fatica, ti incanta quando racconta “a parole sue” il cammino che lo ha portato a diventare musulmano. Cresciuto nel quartiere di Porta San Gennaro, “dove la gente muore ancora sparata o per droga”, un giorno “per puro caso” ha deciso di cambiare vita e abbracciare l’Islam.

In un napoletano che ricorda a tratti quello di Massimo Troisi, racconta che una sera, guardando una stella, aveva chiesto a Dio di mandargli un segno: “Ma quando lo mandi – gli aveva specificato – c’amma capì io e te”, ci dobbiamo capire io e te. E il segno è stato ineluttabile: girando per le librerie alla ricerca di una biografia intitolata “El Diego”, era stato attratto da un volume con la copertina nera e la scritta Corano. “Ho sentito una voce che mi diceva: ‘prendilo, paga e vattene a casa ‘ “, racconta con lo sguardo acceso. Volendo ricostruire dall’inizio la strada della sua conversione, Ciro ha avuto il suo primo contatto con l’Islam grazie alla pizza. All’epoca del “rinascimento napoletano”, imparò l’arte di impastare e infornare grazie a un programma di formazione professionale per ragazzi dei quartieri a rischio.

Qualche tempo dopo, nel retrobottega di una pizzeria di Roma dove lavorava insieme a dei ragazzi egiziani, aveva sentito parlare per la prima volta di musulmani e di Allah. “Ma che è sto’ Corano?”, aveva chiesto ai suoi compagni di lavoro. “Solo dopo le loro spiegazioni – racconta col viso illuminato – ho capito che a casa mi ero portato un libro sacro e che Allah voleva dire Dio in arabo”. Adesso Ciro Muhammad ne ha fatta di strada: oltre al libro sacro, ha letto tutti gli hadith (tradizioni n.d.r.) del Profeta, parla un po’ di arabo, e ha alle spalle un pellegrinaggio alla Mecca. “Quando sono partito per lo hajj – racconta – i miei genitori avevano paura. Mi chiedevano: ‘Adesso vai dove stanno facendo la guerra?’ Ti rendi conto?’ Io sono andato in una terra santa, dove non si sono mai dati nemmeno un schiaffo, e quelli invece avevano paura”, racconta divertito.

Adesso la missione del suo jihad napoletano è chiara: “Il mio sogno è quello di portare l’Islam ai miei genitori e nel mio quartiere”, dice con calma e convinzione. Ma la sua strada è tutta in salita, tanto che nel rione San Gennaro, Muhammad è rimasto Ciro e la gente guarda alla sua conversione con sarcasmo o diffidenza. “Molti pensano che sono diventato pazzo, o che sono diventato un terrorista”. Questi preconcetti, secondo lui, sono dovuti all’ignoranza e ai media: “Quando mamma e papà vedono Emilio Fede, lo prendono per un profeta solo perché sta in televisione e parla italiano”.

Ma nonostante gli “ostacoli”, un proselito è riuscito a farlo: l’amico Francesco, quinta elementare, un grosso tatuaggio sul collo e di mestiere tagliatore di camicie, ha deciso anche lui di pronunciare la shahada (professione di fede n.d.r.) e di cambiare vita. “All’inizio mi spaventavo al pensiero di abbandonare tutte le cose della mia vita precedente: le discoteche, i tatuaggi, le ragazze, ma poi ho capito che la verità stava nell’Islam”, racconta con fervore. Anche lui ha scelto Muhammad come nome da musulmano, e adesso va in giro per il quartiere Sanità con la barba curata secondo i dettami della sunna, gli occhiali da sole avvolgenti, e l’andatura ciondolante di sempre. Quando passa qualche ragazza vestita in modo appariscente mormora col sorriso: “Meglio andare via da qua, c’è troppa fitna”, utilizzando il termine coranico che indica “la perdizione”.

Le storie di Ciro e Francesco sembrano casi isolati, ma a Napoli, come nel resto d’Italia, le conversioni all’Islam stanno aumentando. Per Massimo Cozzolino Abdallah, responsabile della Moschea di Piazza Mercato, dopo l’11 settembre 2001 c’è stata una crescita esponenziale di persone attratte dall’Islam. Lui, con un passato da “fervente marxista”e una parentesi di noviziato da francescano, è un musulmano di vecchia data. E adesso, il venerdì, officia il sermone in arabo davanti a decine di fedeli in gran parte nordafricani. “Le conversioni dei napoletani – spiega – sono ancora in gran parte indotte da esigenze coniugali: un italiano che sposa una musulmana è costretto a convertirsi”. Ma per Ciro e Francesco è stato diverso. Nelle loro vite l’Islam è arrivato da un messaggio partito da Dio e arrivato a loro attraverso la pizza… e il pibe de oro.