MOOZ-LUM, un film di Qasim «Q» Basir
Elisa Pierandrei 31 maggio 2011

Tareq, un giovane americano musulmano (interpretato da Evan Ross figlio di Diana Ross) è cresciuto con un padre (Roger Guenveur Smith) fondamentalista, che dopo il divorzio dalla moglie decide di fargli frequentare una scuola coranica, scovata in una remota cittadina degli USA. Alcuni anni dopo, ritroviamo Tareq matricola all’università che insiste per farsi chiamare “T.” e cerca di usare il college per lasciarsi alle spalle una famiglia di rigida osservanza islamica. Il confronto con i suoi coetanei lo spinge però verso una profonda crisi d’identità – come se conciliare l’essere musulmano con l’essere americano fosse divenuto impossibile – che risolve solo dopo lo choc della tragedia dell’11 settembre.

“Mooz-lum” – che non è altro che la trascrizione del termine “Muslim” (musulmano) pronunciato in slang americano – si inserisce all’interno del delicato dibattito sui conflitti e i processi di integrazione nella società multiculturale, riflettendo anche sul ruolo che i media – televisione e giornali, ma anche il cinema – hanno nella creazione di stereotipi e pregiudizi di cui è vittima la percezione dell’islam nell’immaginario collettivo. “Con i media, se non entri direttamente in contatto con la realtà che ti interessa poi finisce che non sei in grado di giudicare in maniera obiettiva. In questo senso il mio film è un tributo alla comunità musulmana d’America”, spiega il regista. “Questo film è girato da una prospettiva diversa. Proprio perché credo che, in generale, prima di avere un’opinione riguardo ad un argomento, è necessario conoscere quante più prospettive possibili” continua il regista Qasim “Q” Basir in un’intervista a margine della proiezione di lunedì 23 maggio, organizzata dal Consolato Generale degli Stati Uniti d’America a Milano, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano, di Eclettica & Media, presso lo Spazio Oberdan. Poi insiste: “Credo che dovremmo tutti saperci aprire al maggior numero di opinioni ed idee possibile prima di esprimere un giudizio”.

Ma Mooz-lum non fa sconti a nessuno. Tanto meno al controverso volto dell’islam più conservatore. Racconta senza pietà l’esistenza di una giovane generazione di americani cresciuti come musulmani (con Malcom X ci fu un’ondata di conversioni nelle famiglie borghesi USA) in bilico fra tradizione islamica e modernità. Nel farlo affronta in maniera critica alcuni aspetti della rigida educazione che il padre di Tareq infligge al figlio nell’ostinato tentativo di renderlo uguale a se stesso. In un profondo, disarticolato conflitto con la religione, Tareq si sente meno a suo agio vicino ad altri musulmani, ma non con sua madre o sua sorella che hanno conciliato la loro identità di musulmane americane e guardano al Corano come a una fonte di ispirazione e di bellezza.

Basir dice che si tratta di un film semi-autobiografico. Ne esce una storia spontanea e cruda, non affatto scontata, e forse proprio per questo generalmente apprezzata dal pubblico (anche dal più critico). “Dopo l’11 settembre la vita dei musulmani in America si è trasformata. La gente cercava qualcuno con cui prendersela e ha dato la colpa a loro – prosegue il regista – ed è iniziato un processo di generalizzazione basato sulle cattive azioni di alcuni”. Poi aggiunge: “La situazione è precipitata di nuovo dopo l’annuncio dell’apertura di un centro islamico nei pressi di Ground Zero”. Insomma, la via all’integrazione è ancora lunga. Secondo il regista, un afroamericano di fede musulmana, negli Stati Uniti una diffusa e prolungata campagna basata sulla paura ha condotto ad “associare i musulmani al terrorismo come si fa con il burro di arachidi e la gelatina”.

Il film è uscito negli Usa l’11 febbraio 2011 in una distribuzione limitata, facendo immediatamente parlare di sé e fra poche settimane disponibile anche in DVD. Ma Basir ha coltivato l’idea e il progetto di questo film fin dai tempi del college, quando realizzò un cortometraggio con cui partecipa a un concorso cinematografico; tra i giurati c’era anche l’attore Danny Glover (noto interprete de “Il Colore Viola” di Steven Spielberg) che impressionato dal lavoro ha suggerito al giovane cineasta di farne un lungometraggio, e così è cominciata l’avventura di “Mooz-Lum” che grazie al passaparola in rete ha conquistato consensi, si è aggiudicato l’ “Annual Urbanworld Film Festival 2010” ed è stato selezionato al “Chicago International Film Festival 2010” e al “Cairo International film Festival”. Alla fine nel film ha recitato anche Danny Glover che interpreta la parte di un poco tollerante rettore dell’università frequentata da Tareq, dove invece ha un ruolo importante anche un carismatico insegnante di religione (Dorian Missick).