Nussbaum: «È la cultura che ci salverà. Non il denaro»
Un'intervista dì Alessandra Cardinale 10 marzo 2011

Questa intervista è stata pubblicata dal Fatto Quotidiano l’8 marzo 2011, a pagina 14.

Nel suo ultimo libro la filosofa Martha Nussbaum denuncia apertamente la “crisi dell’istruzione – silenziosa e strisciante come un cancro – che si è abbattuta sul mondo. E l’accantonamento”, spiega la studiosa americana al Fatto Quotidiano, “delle materie umanistiche come la storia, la letteratura, la filosofia, tutti saperi indispensabili a mantenere viva, sana e robusta la democrazia”. Nel saggio la Nussbaum si indirizza ai governi delle democrazie vecchie e nuove, occidentali e orientali: “Perché riscoprano l’importanza e l’utilità delle materie umanistiche, perché non diano vita a generazioni di docili macchine che ciecamente ubbidiscono all’autorità senza interrogarsi”.

Professoressa Nussbaum partiamo da qua. Giovani che non si interrogano, che sono acritici anziché, come dice lei nel suo libro, cittadini del mondo. Questo è lo scenario a cui si va incontro?

Sì, e questo risultato non tarderà a venire se i governi del mondo non riconosceranno l’importanza dello studio delle storia, della letteratura, delle arti e anche delle religioni. Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di proporzioni inedite e di portata globale. Non parlo della crisi economica mondiale iniziata nel 2008. In quel caso tutti si sono resi conto di cosa stava accadendo e si sono dati subito da fare per cercare una soluzione. La crisi dell’istruzione sarà ben più dannosa per il futuro della democrazia. Socrate diceva: “Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”. E da qui parte il mio studio. La capacità di auto esaminarsi, di interrogarsi e di pensare alla maniera socratica è però ora sotto duro attacco in un mondo sedotto dalla crescita economica e dalla logica del profitto a breve termine, dove si ritiene che gli studi tecnici siano più utili a trovare lavoro di quelli umanistici.

In Non per profitto lei esamina tre aspetti fondamentali perché una democrazia possa durare negli anni. Ci spiega quali sono?

Il primo punto è, come dicevo prima, la capacità di auto esaminarsi. Socrate pretendeva che le persone, gli ateniesi e i suoi allievi, si domandassero: “Cosa penso veramente? Per cosa devo lottare?”. Ora abbiamo bisogno di questo tipo di stimolo e dobbiamo tornare a porci questa domanda per evitare di vivere passivamente l’autorità, ciò che i nostri politici ci raccontano, e accettare ciecamente quello che ci viene offerto.

In questo senso possiamo interpretare la rivoluzione araba nata come reazione a decenni di regimi dittatoriali?

Sì, certo. Il concetto di ribellione è vicino all’auto-interrogarsi socratico. Gran parte dei movimenti democratici presentano quest’aspetto in quanto analizzano criticamente la struttura del potere mettendola in discussione. I cittadini si chiedono: “Per cosa devo combattere?”. E’ pur vero che non è sufficiente avere un “argument”, un motivo critico, per scendere in piazza. C’è bisogno di altri elementi. Ma certo se lo si possiede si è già a un buon punto.

Nel libro parla dell’importanza di essere cittadini del mondo. Cosa significa?

E’ il secondo punto fondamentale in una sana democrazia. Spesso e volentieri siamo degli ottusi, pensiamo in modo troppo limitato, cresciamo all’interno di famiglie, in piccole comunità locali. Al contrario, dobbiamo allargare le nostre vedute, imparare quale sia l’interesse e il bene della nostra nazione in rapporto a tutte le altre nazioni del mondo. Per costruire un mondo decente dobbiamo preoccuparci di comprendere la vita delle persone che vivono al di là dei nostri confini. In termini educativi significa che è necessario avere una qualche comprensione della storia ma anche della religione degli altri popoli. Si pensi a quanta ignoranza c’è sull’islam, ad esempio. Questa provoca gravi conseguenze a livello politico, perciò è essenziale che queste materie vengano insegnate evitando stereotipi e luoghi comuni.

Il terzo aspetto, professoressa Nussbaum?

La terza competenza del cittadino si chiama empatia o immaginazione narrativa. Non è sufficiente possedere una certa quantità di nozioni culturali e storiche se non se ne comprende la portata umana. Ora, noi tutti nasciamo con l’abilità di vedere il mondo dal punto di vista di un’altra persona. Secondo gli psicologi quest’abilità esiste già alla fine del primo anno di vita. Ma come tutte le capacità deve essere sviluppata e nutrita. Non è possibile continuare a vedere il mondo dal punto di vista dei nostri genitori o dei nostri amici. E’ necessario estendere la propria immaginazione e imparare a prendere decisioni diverse affinché si possa avere un quadro chiaro dell’impatto che le politiche hanno sulla vita dei poveri, delle minoranze, e dei cittadini di altri Paesi.

E per assolvere questo compito è necessario lo studio delle materie umanistiche.

Certo. Le scuole, le università devono assegnare un posto di rilievo nel programma di studio alle materie umanistiche, letterarie e artistiche, non tagliarle come sta succedendo in molti Paesi a tutti i livelli, dalle elementari all’ università. Per fortuna ci sono delle controtendenze. I più importanti formatori di dirigenti d’azienda hanno capito che l’innovazione richiede intelligenze flessibili, aperte e creative. La letteratura e le arti stimolano queste facoltà.