Le trasformazioni silenziose che hanno cambiato la Cina
Maria Elena Viggiano 22 giugno 2010

L’invecchiamento è uno degli esempi più lampanti perché è un processo che avviene in modo lento, senza essere percepito, per poi improvvisamente imbattersi in una foto, magari di venti anni prima, e comprendere che si è diversi. E se questa è una situazione universale, lo scrittore evidenzia invece l’approccio diverso del pensiero occidentale, influenzato dalla filosofia greca che pensa in termini di forme determinate, e di quello cinese, che invece tiene conto della fluidità della vita, offrendo una diversa chiave di lettura dei cambiamenti che riguardano l’evoluzione dei singoli uomini ma anche quella storica.

Seguire quindi il corso degli avvenimenti e osservare il passaggio graduale, che porta da una condizione all’altra, senza che avvengano eventi di rottura. In questo modo la Cina è diventata una potenza economica, influente a livello globale, i negozi cinesi sono una realtà ormai presente nei centri delle principali città europee e Pechino, tra atteggiamenti di repressione e liberalizzazione, è diventata spesso l’ago della bilancia nel regolamentare i rapporti politici ed economici tra paesi. Trasformazioni silenziose appunto, che hanno condotto gli occidentali a rendersi conto, quasi in modo inaspettato, che la Repubblica popolare cinese si era imposta all’attenzione del mondo. Come esempio principale, François Jullien cita un libro fondamentale della civiltà cinese: il famoso Classico del cambiamento o Yi-jing. Un libro che non usa la narrativa per raccontare qualcosa, ma si basa sull’alternanza di tratti pieni o spezzati, la cui combinazione in figure offre un’interpretazione della realtà. «Il Libro – sottolinea lo scrittore – non insegna quindi un messaggio né pretende di dare un senso, ma porta a osservare attentamente, salendo dal basso all’alto della figura e linea dopo linea, come si dispiega e si piega la situazione in modo positivo o negativo, fasto o nefasto, sulla base delle tensioni e delle correlazioni osservate, che rimangono in divenire».

Anche in questo caso, la composizione delle figure cambia senza rottura, ma in maniera fluida, ad affermare di nuovo che le trasformazioni sono in realtà delle transizioni, momenti di passaggio in cui dove sembra esserci una fine, possono invece nascere nuove iniziative e opportunità. Secondo lo scrittore, l’Occidente potrebbe prestare attenzione e appropriarsi del pensiero cinese per comprendere le trasformazioni silenziose in atto e cogliere gli aspetti negativi per modificare l’evoluzione degli eventi prima che sia troppo tardi. “Evento” è impossibile da tradurre in cinese e viene usata la parola “frammento” o “vicenda”, a indicare ancora una volta che non esiste un episodio che dia un taglio netto alle situazioni, ma un prima e un dopo che hanno permesso una trasformazione. La storia della Cina ne è un esempio, come sottolinea François Jullien. Il paese è riuscito a rovesciare completamente il suo sistema sociale ed economico attraverso lente e continue trasformazioni, al punto che pur rimanendo il regime e il partito al loro posto, il governo risulta completamente diverso rispetto ad alcuni anni fa e le riforme politiche in corso sono sicuramente una testimonianza tangibile.