Un pensatore islamico innovativo e controverso
Abdul-Ahmad Rashid 2 ottobre 2008

Questo articolo è originariamente apparso su www.dradio.de
 
Premettiamo: nessuno deve avere paura di Tariq Ramadan. 46 anni, nato in Svizzera con origini egiziane, Ramadan non è il leader di un’organizzazione terroristica. Si tratta piuttosto di un intellettuale, le cui armi sono le parole taglienti. Da molti anni si discute di questo carismatico personaggio. La rivista americana "Time", ad esempio, lo ha dichiarato una delle più importanti personalità del nostro tempo. Altri diffidano di lui, e gli rinfacciano una islamizzazione dell’Occidente. Da dove deriva questa contraddizione? Il merito dell’autrice Nina zu Fürstenberg è quello di avvicinare il lettore a questo dilemma. Sintetizza la discussione attorno a questo innovativo pensatore islamico, ci presenta lui e le sue controverse tesi.

Per fare questo, ritorna alle origini di Ramadan. Perché la diffidenza di molti suoi oppositori deriva proprio dalle origini di Tariq Ramadan. E’ infatti il nipote di Hassan al-Banna, fondatore dell’ultraconservativa Fratellanza musulmana d’Egitto. Ramadan tuttavia rigetta con forza questo accostamento, e dichiara di distanziarsi dal pensiero di suo nonno. D’altra parte, le tesi di Ramadan per la costruzione di un islam europeo gli portano non solo sostenitori, ma anche oppositori nelle proprie fila. Al contrario di molti intellettuali islamici liberali, Ramadan sostiene un punto di vista conservatore. Vuole ritornare ai fondamenti dell’islam, Corano e Sunna, la tradizione del Profeta, per reinterpretarli in modo nuovo e attuale.

A suo modo di vedere, tutti i presupposti per un rinnovamento dell’islam sono contenuti nel Corano stesso. In questo non si differenzia da altri pensatori conservatori. Tuttavia anche qui trova i suoi antagonisti, dal momento che a molti risulta invece troppo liberale. Perché su molte questioni importanti Ramadan ha un’opinione netta. Vuole mettere al bando le pene corporali, reintrodurre l’"ijihad", il libero pensiero, e innovare la sharia, il diritto islamico, attraverso un dibattito interno all’islam, per liberarla dalla zavorra che si è accumulata attraverso i secoli. Inoltre, ha sostituito il concetto tradizionale del "dar al-harb", il "territorio della guerra", con il"dar as-shahada", il "territorio della testimonianza". Il concetto di "dar al-harb" venne introdotto nel medioevo da studiosi di diritto islamico, e stava ad indicare quei paesi che non si trovavano sotto il dominio musulmano. Per i musulmani era considerato disdicevole trattenersi in quei luoghi, dal momento che lì non potevano esercitare liberamente il proprio credo.

Fino ad oggi questa idea caratterizza l’autocoscienza degli islamici in Occidente. Tariq Ramadan definisce invece questi territori "luoghi di deposizione della testimonianza" per i musulmani, in cui possono vivere liberamente la propria fede e i propri principi. Così facendo, dà probabilmente il più grande impulso per l’integrazione dei musulmani in Occidente. Sebbene si possa non essere d’accordo sotto molti aspetti con le tesi di Tariq Ramadan, tuttavia gli va riconosciuto il merito di avere con esse iniziato un dibattito. L’Europa ha bisogno di più di questi pensatori innovativi, di modo che i musulmani possano riflettere sul loro futuro in Europa, e trovare risposte alle importanti domande riguardo alla loro posizione in questa società. Il libro "Chi ha paura di Tariq Ramadan" è, nonostante il suo titolo leggermente provocatorio, una buona introduzione al pensiero di questa personalità islamica, e al contempo una introduzione essenziale al dibattito sull’islam europeo.

Nina zu Fürstenberg: Wer hat Angst vor Tariq Ramadan?
Herder-Verlag, Freiburg i. Br. 2008,
pp. 192 , 16,95 Euro
(edizione italiana: Chi ha paura di Tariq Ramadan? Marsilio, pp. 200, euro 10)


Traduzione di Matteo Landricina