Emirati, il boom e l’abuso
19 settembre 2006

Gli Emirati Arabi Uniti come la Cina. Crescita economica senza democrazia e diritti umani (forse grazie all’assenza di democrazia e diritti umani, ma questa è un’altra storia). Human Rights Watch ha lanciato l’allarme: “Il governo degli Emirati Arabi Uniti dovrebbe compiere immediatamente dei passi che pongano fine alle pratiche di lavoro illegali che hanno contribuito a scatenare le recenti agitazioni dei lavoratori migranti a Dubai.” Gli Emirati Arabi Uniti sono una federazione di sette emirati (Abu Dhabi, ‘Ajman, Al Fujayrah, Sharjah, Dubai, Ra’s al Khaymah, e Umm al Qaywayn) e, negli ultimi decenni, hanno conosciuto uno sviluppo e una crescita economica rapidi rimanendo tuttavia indietro nel progresso della società civile. Gli incarichi pubblici non sono elettivi e la partecipazione politica si limita, in ogni emirato, alla famiglia regnante. Il governo non ha aderito alla maggior parte dei trattati internazionali sui diritti umani e sul lavoro. I lavoratori migranti, che rappresentano circa il 90% della forza lavoro nel settore privato, sono particolarmente vulnerabili davanti a gravi violazioni dei diritti umani. Uno dei principali ostacoli al monitoraggio e all’esposizione delle violazioni dei diritti umani negli Emirati Arabi Uniti è la mancanza di organizzazioni indipendenti non governative, che vengono energicamente scoraggiate dal governo.

Secondo il Rapporto Mondiale 2006 di Human Rights Watch, nel corso degli ultimi cinque anni, il governo ha impedito a 12 importanti analisti e accademici di diffondere le proprie idee. Nel giugno del 2000, il governo ha inviato una lettera alla Abu Dhabi Television in cui si dichiarava che “sulla base di informazioni ricevute dall’amministrazione, sollecitiamo tutti i produttori a rinunciare a ospitare i seguenti individui in programmi per i canali di Abu Dhabi e degli Emirati.” Il divieto è valido per la carta stampata come per le radio e per le tv.
L’enorme crescita economica degli Emirati Arabi Uniti ha attratto grandi investimenti economici sia dall’interno che dall’estero, e il recente boom delle costruzioni è uno dei più significativi a livello mondiale. Quasi l’80% della popolazione degli Emirati Arabi Uniti è costituita da stranieri che – come già detto – rappresentano il 90% della forza lavoro nel settore privato. “I racconti credibili di abusi commessi da datori di lavoro sono continui, specialmente nelle piccole aziende e ai danni di lavoratori poco qualificati. – continua il rapporto – Gli abusi commessi ai danni dei lavoratori migranti includono il mancato pagamento del salario, l’estensione dell’orario lavorativo senza la retribuzione dello straordinario, ambienti di lavoro non sicuri che hanno come conseguenza morti e feriti, condizioni di vita squallide nei campi di lavoro, e il trattenimento dei passaporti o dei documenti di viaggio da parte dei datori di lavoro.”

Nel 2005 gli Emirati Arabi Uniti hanno assistito a un aumento delle dimostrazioni pubbliche di lavoratori migranti che protestavano per non essere stati retribuiti. Nel corso di una manifestazione, il 24 settembre, 800 lavoratori hanno bloccato una delle principali superstrade di Dubai. Il ministro del lavoro e del welfare sociale, Ali bin Abdullah al-Kaabi, ha introdotto una serie di riforme promettenti che hanno incontrato la ferma resistenza da parte della comunità degli imprenditori. Nel luglio 2005, a seguito di un aumento delle malattie legate al caldo nei cantieri edili, il ministro ha ordinato alle imprese di costruzioni di concedere ai propri operai, nei mesi di luglio e agosto, una pausa pomeridiana dalle 12:30 alle 16:30. Tuttavia, alcune aziende hanno disatteso l’ordine dichiarando pubblicamente che preferivano pagare la multa piuttosto che obbedire. Le lavoratrici domestiche sono spesso confinate nei loro posti di lavoro e possono essere particolarmente a rischio di mancata retribuzione, orario lavorativo prolungato e abuso fisico o sessuale.

Secondo il Dipartimento di Stato statunitense, citato da Human Rights Watch, negli Emirati Arabi Uniti la tratta di uomini è un problema endemico. Ogni anno un enorme numero di giovani viene condotto negli Emirati Arabi Uniti dove i ragazzi vengono addestrati come fantini di cammelli; nel 2005 il governo degli Emirati Arabi Uniti ha stimato che il numero di bambini impiegati come fantini di cammello fosse tra 1200 e 2700; le organizzazioni internazionali hanno profilato stime più alte, tra 5 e 6mila. In risposta alle critiche internazionali, nel luglio del 2005, il Presidente degli Emirati Arabi Uniti, lo sceicco Khalifa bin Zayed al Nahyan ha emanato un decreto federale che ha imposto che tutti i fantini di cammelli fossero almeno diciottenni. La legge prevede per i trasgressori l’arresto fino a tre anni e/o una multa per un minimo di 50mila DH (13.600 dollari).

“Uno dei più grandi boom delle costruzioni è alimentato dai lavoratori di Dubai, che però vengono trattati in maniera disumana” ha detto Sarah Leah Whitson, direttrice di Human Rights Watch per il Medioriente e il Nord Africa. “Non sorprende che alcuni lavoratori abbiano iniziato a insorgere per protesta. Ciò che sorprende è che il governo degli Emirati Arabi Uniti non faccia nulla per risolvere il problema.” I governi degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e dell’Australia stanno negoziando con gli Emirati Arabi Uniti degli accordi per il libero scambio. Human Rights Watch li ha invitati a richiedere un miglioramento delle pratiche di lavoro e degli standard legali negli Emirati Arabi Uniti prima di firmare gli accordi. Human Rights Watch ha anche sollecitato questi governi a inserire, in ogni trattato sul libero scambio raggiunto con gli Emirati Arabi Uniti, dei provvedimenti per i diritti dei lavoratori che siano forti e applicabili, che impongano che le leggi sul lavoro rispettino gli standard internazionali e che queste leggi vengano efficacemente attuate.