Ospedali e carceri, la Francia vara la Carta della laicita’
Luca Sebastiani 7 febbraio 2007

Parigi

“In un contesto di rivendicazioni identitarie di tutti i generi, sembra altamente consigliabile, senza attendere la moltiplicazione degli eccessi, di richiamare la regola repubblicana”. Sono le raccomandazioni contenute nel preambolo di un rapporto che l’Alto Consiglio all’integrazione (Hci) ha consegnato al Primo ministro francese Dominique De Villepin dopo che i recenti fatti di cronaca, forse eccessivamente mediatizzati, avevano richiamato l’attenzione pubblica francese sul tema dell’integrazione.

Il Consiglio è stato chiaro in proposito: nessuna deroga sulla laicità, del resto ne va della storia e dell’identità dell’eccezione francese. Il modello d’integrazione d’oltralpe, contrariamente a quello anglosassone, ha sempre rifiutato ogni forma di comunitarismo – considerato discriminatorio e foriero di disuguaglianza – e puntato invece sulla laicità come mezzo di composizione della diversità e come garanzia del rispetto di tutti. Per ricordare ai cittadini d’ogni provenienza e religione la regola fondamentale della vita pubblica francese, l’Hci ha consegnato al governo anche una Carta della laicità che, secondo le proprie raccomandazioni, dovrebbe essere affissa in tutti i luoghi in cui viene espletato un servizio pubblico: carceri, uffici vari, ospedali etc.

Era stato proprio un episodio verificatosi in un istituto sanitario a dare il via alla polemiche e alla risposta dell’Hci, sollecitata dalle forze politiche. Qualche mese fa un giovane musulmano aveva schiaffeggiato un ginecologo accusandolo di gesti “impudici” contro la moglie che aveva appena partorito. Il ragazzo è stato poi condannato a sei mesi di reclusione, ma secondo il Consiglio, per impedire che gli scontri si risolvano ogni volta in un rapporto di forza, può essere d’aiuto ricordare in ogni momento le regole di convivenza, proprio attraverso la Carta. Questa, dopo un richiamo dei principi costituzionali di libertà di coscienza e di laicità contenuti nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, nella Costituzione del 1958 e nella legge del 1905 sulla separazione tra Stato e Chiesa, definisce i diritti e i doveri degli agenti dei servizi pubblici e dei cittadini utenti.

Il testo ricorda ai lavoratori del pubblico impiego che la “libertà di coscienza è garantita” e che “il principio costituzionale di laicità impone un dovere di stretta neutralità, il trattamento uguale di tutti gli individui e il rispetto della libertà di coscienza”. Per non lasciare spazio ad alcun dubbio, il testo sottolinea anche che per un agente pubblico “il fatto di manifestare le sue convinzioni religiose nell’esercizio delle sue funzioni costituisce una mancanza ai suoi obblighi”. Questo perché sia chiaro che ad esempio, come in effetti è già capitato più volte, le studentesse di medicina non possono indossare il velo nelle corsie.

Stesso discorso per gli utenti “che hanno uguale diritto d’accesso ai servizi pubblici” e “hanno il diritto di esprimere le loro convinzioni religiose nei limiti del rispetto della neutralità del servizio pubblico”. Inoltre gli utenti devono veder “rispettate le loro credenze ed essere messi in misura di partecipare all’esercizio del loro culto”. Ciò non toglie, precisa la Carta, che devono astenersi dal proselitismo, devono sottoporsi alle verifiche d’identità qualora richieste e, soprattutto, non “possono in ragione delle loro convinzioni, ricusare un agente pubblico o altri utenti, né esigere un adattamento del funzionamento del servizio pubblico”.

I principi inscritti nella Carta della laicità, nonché la sua finalità pedagogica di richiamo ai valori fondanti della Repubblica, sono in continuità con un altro importante testo, il rapporto redatto della Commissione Stasi. Nel luglio 2003, nel pieno del dibattito sul velo islamico, il presidente della Repubblica Jacques Chirac, che dichiarò “la laicità non negoziabile”, affidò ad una commissione il compito di riflettere sull’applicazione della laicità. Il testo valutava la portata storica del concetto e stimava che quantunque gli stati democratici moderni rispettino la libertà di coscienza e il principio di non discriminazione, “ognuno di essi conosce forme diverse di distinzione tra politica e religione. La Francia ha eretto la laicità al rango di valore fondatore”. Il rapporto Stasi servì da base alla famigerata legge che vietava il velo a scuola, ma ora la carta vuole allargare il campo e rendere chiaro che “il principio della laicità non si limita ai soli istituti d’istruzione”.

Mentre da una parte i medici francesi manifestano soddisfazione per l’iniziativa del Consiglio, dall’altra non sono pochi gli analisti che stimano il provvedimento non all’altezza del problema, e ritengono che, forse, bisognerebbe aprire una riflessione approfondita sulla rigidità del sistema francese.