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  • Massimo Campanini

    La dimensione pratica dell’Islam emerge dalla stessa definizione di religione: che deve essere intesa come islam, appunto; ma anche come iman, ovvero “fede”, che consiste nella ottemperanza ai cinque pilastri (professione dell’Unicità di Dio, preghiera cinque volte al giorno, digiuno nel mese di Ramadan, pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita e dècima legale per il sostentamento dei poveri); e come ihsan cioè “retto comportamento” implicante, secondo il dettato coranico, l’ “ordinare il bene e proibire il male” (III, 104 e 110).

    In tal senso, è stato autorevolmente affermato che l’Islam è più una ortoprassi che una ortodossia: importa più ciò che si fa che quello che si crede. Tre conseguenze ne derivano: in primo luogo, nell’Islam non esiste in senso stretto “dogma” (per diventare ed essere considerati musulmani basta professare che Dio è Unico e che Muhammad è il suo Inviato). In secondo luogo, nell’Islam non esiste autorità centrale docente, come il papato nel cattolicesimo, deputata a definire ciò a cui il credente deve prestare fede e a interpretare la Scrittura. Nell’Islam sunnita, per lo meno (90% dei fedeli), non esiste alcuna Chiesa e alcun clero, visto che neppure esiste l’idea del sacramento.

    L’Islam sunnita appare perciò particolarmente “razionale”, per quanto rifiuta la dimensione del mistero e dell’inconoscibile: i maggiori modernisti musulmani hanno insistito sul fatto che nell’Islam tutto deve essere sottoposto alla forza argomentativa della ragione. Nell’Islam sciita (10% dei fedeli) esiste una sorta di gerarchia religiosa, anche se gli ayatollah sono più giurisperiti che preti. Lo sciismo duodecimano in particolare riserva all’imam discendente del califfo ‘Ali la suprema chiave esoterica di interpretazione della religione; ma, essendo l’imam occultato in attesa di ricomparire alla fine del mondo, gli uomini, e segnatamente i giurisperiti, hanno la possibilità di sostituirlo in alcune funzioni essenziali. In terzo luogo, proprio a causa di siffatto carattere ortopratico, l’Islam regola e dirige anche il comportamento sociale dell’uomo. Non è vero invece che appartenga all’essenza della tradizione islamica l’idea di una saldatura tra religione e politica, che è piuttosto una rivendicazione dell’Islam contemporaneo, sia pure basata su testi medievali.

    L’Islam viene considerato una religione naturale, monoteistica, del Libro, profetica. Il Corano afferma (XXX, 30) che Dio ha conferito agli uomini dalla nascita la “natura” di essere musulmani; al-Ghazali diceva che ogni uomo nasce nella religione naturale, cioè l’Islam, mentre è l’educazione a farne un ebreo, un cristiano o un mazdeo. Perciò ogni sincero credente, sia pure esteriormente ebreo o cristiano, è ipso facto “musulmano”. Quest’ultimo termine allude soprattutto alla professione del monoteismo assoluto: Dio è massimamente trascendente, al di là della materialità, anche se regge l’universo ed è vicino all’uomo come la sua vena giugulare. L’Unicità e la trascendenza accomunano maggiormente l’Islam all’Ebraismo che al Cristianesimo.

    Il Corano è molto netto a respingere ogni idea di Trinitarismo o di incarnazionismo. Il ruolo che Cristo, Verbo di Dio, svolge nel Cristianesimo è piuttosto svolto nell’Islam dal Corano. Il Corano è parola diretta di Dio secondo i musulmani; increata per la maggioranza dei teologi, anche se i pensatori modernisti e più avanzati di oggi tendono ad abbracciare la dottrina mutazilita, per cui il Corano è parola “creata” di Dio. La creazione del Corano favorisce infatti il lavoro esegetico e interpretativo sul testo, che non necessariamente deve essere inteso in senso letterale.

    Il Corano è stato rivelato a Muhammad, che l’Islam considera il sigillo della profezia. Muhammad è stato infatti l’ultimo dei 315 profeti “legislatori”, apportatori di un Libro. I maggiori profeti legislatori prima di Muhammad sono stati Adamo, il padre dell’umanità, Noè, Abramo che non era ebreo ma un puro monoteista, Mosè, propriamente il profeta degli ebrei, e Gesù, il profeta dei cristiani. È importante ricordare che, secondo i musulmani, tutti i profeti sono stati latori del medesimo identico messaggio: il problema è che Ebrei e Cristiani hanno deformato il dettato originale del messaggio divino, il che ha reso necessario l’invio di Muhammad. Oltre ai profeti legislatori ci sono stati circa 124.000 profeti “ammonitori”, che hanno invitato a Dio tutte le specie viventi, gli umani come gli animali.