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  • Francesca Brezzi

    Ciò che caratterizza la speculazione occidentale contemporanea nasce proprio dal clima di crisi – nel senso originario di krinein, passaggio – tipico del ‘900: tempo di privazione, diceva Heidegger, in cui si è assistito al crollo delle filosofie sistematiche, alla caduta delle “visioni del mondo”, al rifiuto dei saperi universali e della stessa ragione che di quelli era lo strumento. In tale temperie si sono configurate teorie che sono cifre di questa stessa crisi, espressioni dell’allontanamento da quei modelli di razionalità che hanno dominato nella tradizione filosofica occidentale.

    Penso alla ricerca di Heidegger, Levinas, Ricoeur, ma anche di Deleuze e Derrida, ed ancora al pensiero femminile della differenza sessuale; elemento comune a tali percorsi difformi è il ripudio del logos totalitario, della verità una, e l’irruzione di una riflessione che assume su di sé l’ardua fatica di pensare la differenza: differenza di culture, di ideologie, di etnie, di lingue e di religioni, che rinviano ad una complessità crescente del panorama teoretico. Ne sono scaturite formulazioni inedite, altre questioni di senso. Più in profondità si può affermare che il pensiero della differenza porta nel noto l’ignoto, l’inquietante, l’estraneo, lo straniero in me e fuori di me, l’altro nel cuore del medesimo. Molto ricco, pertanto, è il contributo che i pensatori del Novecento hanno offerto a questa tematica, proponendosi di affrontare la filosofia alla sua fonte, alla ricerca dei segni o delle tracce di una razionalità differente, originaria, la ragione nomade.

    Il quesito essenziale, presente in molti/e studiosi/e si formula in questi termini: come pensare l’altro, se si rimane chiusi nell’egocentrismo della tradizione occidentale, in un io centrato su di sé che manifesta grandi difficoltà nel riconoscimento dell’altro? Urgente è, di conseguenza, il tentativo di sciogliere il nodo dei rapporti interpersonali e far emergere il nesso profondo esistente tra il tema della differenza e le dinamiche etiche ad esso sottese. I filosofi sopra ricordati, con acuta preveggenza rispetto alle odierne tematiche sul multiculturalismo, partendo dal comune riferimento polemico, il primato dell’io sostenuto da una ragione univoca ed universale, in ossequio alla chiarezza e distinzione cartesiana, cercano la via per raggiungere l’alterità, via che passa attraverso le strade concrete della storia, della sensibilità, anche della tragicità. Ne deriva la necessità di comprendere dapprima, ed attuare poi una pratica e una etica che tenga conto delle differenze: tale etica rappresenta il futuro della filosofia.