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  • Francesco Anghelone

    A seguito dei diversi conflitti che videro contrapposto l’Impero ottomano alla Russia nel corso del XVIII e XIX secolo, ulteriori territori abitati da armeni entrarono a far parte della Russia. La popolazione armena rimasta all’interno dell’Impero ottomano dovette invece far fronte alle conseguenze derivanti dall’arrivo al potere dei Giovani turchi all’inizio del Novecento, i quali si fecero portatori di un’ideologia nazionalista avente lo scopo di rendere etnicamente e nazionalmente omogenea la popolazione dell’Impero. Allo scoppio della prima guerra mondiale, mentre le truppe russe avanzavano all’interno dei territori ottomani, il governo di Istanbul ordinò una dura repressione e una deportazione su larga scala nei confronti della popolazione armena, la quale provocò tra i 600 mila e i due milioni di morti. Il 24 aprile è la data in cui ancora oggi gli armeni di tutto il mondo commemorano il Metz Yeghérn (Il grande male), ovvero la politica di sterminio della comunità messa in atto dai turchi.

    Il 24 aprile del 1915, infatti, gran parte dell’élite armena di Istanbul venne arrestata, dando così inizio a una delle pagine più drammatiche della storia contemporanea. Quello che per gli armeni e per gran parte del mondo fu un vero e proprio genocidio, continua ancora oggi a essere oggetto di accesi dibattiti sia in sede storiografica che politica. Nonostante la maggioranza degli storici ritenga, infatti, che nel caso della repressione messa in atto dai turchi si possa senza dubbio parlare di genocidio, la Turchia non accetta ancora l’uso del termine riferito agli eventi che portarono alla quasi totale eliminazione della minoranza armena dai territori turchi nel corso della prima guerra mondiale. Tuttavia nel 1917 rimanevano solo 200 mila armeni in territorio turco, un numero assai inferiore a quello precedente la prima guerra mondiale anche se di gran lunga superiore a quello attuale. Pur essendo la minoranza più numerosa, oggi in Turchia risiedono infatti circa trentamila armeni, la maggioranza dei quali vive nella città di Istanbul.

    Al termine della prima guerra mondiale, tuttavia, gli armeni proclamarono una Repubblica armena indipendente che venne riconosciuta sia dagli Alleati che dalla Repubblica di Turchia nel 1920. Gran parte dei territori dell’Armenia occidentale restarono tuttavia all’interno della Turchia, mentre quelli orientali, che nel 1920 contavano meno di un milione di abitanti, vennero successivamente uniti a quelli dell’Azerbaigian e della Georgia dando vita alla Repubblica socialista federata del Soviet del Transcaucaso. Tale formazione statale durò sino al 1936 allorché ad ognuna delle componenti venne riconosciuto lo status di Repubblica socialista dell’Unione Sovietica. Solo dopo il crollo dell’Urss, nel 1991, gli armeni ottennero nuovamente l’indipendenza. Nel settembre di quell’anno in Armenia si tenne un referendum per decidere in merito alla secessione dall’Unione Sovietica e, nonostante l’invio di truppe da parte di Mosca, ufficialmente per proteggere le installazioni difensive sovietiche presenti nel Paese, il 23 settembre 1991 il Soviet Supremo armeno procedette alla dichiarazione di indipendenza. L’ottobre successivo Ter-Petrosian venne eletto presidente della Repubblica con una schiacciante maggioranza.

    Sin dalla propria nascita la Repubblica armena ha però dovuto affrontare notevoli difficoltà sia di carattere economico che politico. Accanto a una situazione economica estremamente grave e ad una instabilità politica costante, Erevan ha dovuto affrontare anche la difficile crisi del Nagorno-Karabach. La regione, situata al confine tra l’Armenia e l’Azerbaigian, è abitata da una numerosa comunità armena. A partire dalla fine degli anni Ottanta il Nagorno-Karabach è stato conteso dai due Stati e, dopo una guerra durata diversi anni e la morte di decine di migliaia di persone, si è giunti alla firma di un cessate il fuoco, ma non a quella di una pace che ponga definitivamente termine al conflitto.

    La storia del popolo armeno è quella di un popolo che nel corso dei secoli ha dovuto far fronte a invasioni, deportazioni e massacri e la diaspora armena ne è ancora oggi la prova più lampante. Attualmente circa la metà degli armeni risiedono fuori dal paese, sparsi tra il Medio Oriente, l’Europa, l’India e il Nord America. Nonostante ciò le comunità armene hanno compiuto profondi sforzi per mantenere viva la propria cultura, attraverso istituzioni religiose, culturali e caritatevoli. Molti armeni residenti al di fuori della propria madre patria hanno fornito e continuano a fornire ancora oggi un contributo importante al governo di Erevan finanziando la creazione di università, industrie e ospedali, testimoniando così la propria volontà di mantenere in vita una cultura secolare che più di una volta nel corso della propria millenaria storia ha rischiato di scomparire.

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