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  • Danilo Zolo

    Il termine è piuttosto recente, ma la filosofia cosmopolitica era già stata sostenuta in Grecia sia dai Cinici che dagli Stoici. A chi gli chiedeva di dove fosse, Diogene rispondeva di essere “cittadino del mondo”, mentre per Zenone tutti gli uomini era connazionali e concittadini. Il cristianesimo si è inserito nel solco del cosmopolitismo antico. L’annuncio evangelico è stato rivolto a tutti gli uomini in quanto figli di Dio, prescindendo quindi da ogni contingenza politica, sociale o culturale.

    Con l’illuminismo l’ideale cosmopolitico è stato rilanciato da autori come Wolff e Kant. Wolff ripropone l’idea di civitas maxima come ‘comunità universale degli uomini’ e Kant, in Zum ewigen Frieden, avanza l’idea di una Lega dei popoli che dia origine ad un ordinamento giuridico globale (Weltbürgerrecht) e promuova una pace stabile e universale. Gli Stati che intendono legarsi in una federazione pacifica devono essere delle ‘repubbliche’ impegnate a tutelare i diritti dei cittadini.

    Nel Novecento il massimo teorico della filosofia cosmopolitica è stato Hans Kelsen, che ha preso da Kant l’idea della pace perpetua e il modello federalistico. Per Kelsen la via per raggiungere l’obiettivo della pace è l’unificazione degli Stati in uno Stato federale mondiale. Gli strumenti di potere e le forze armate degli Stati nazionali dovrebbero essere posti a disposizione di un governo e di una corte penale mondiale che esercitino il potere secondo le norme emanate da un parlamento mondiale. La filosofia cosmopolitica è stata ripresa negli ultimi decenni del Novecento dai cosiddetti Western globalists, fra i quali Jünger Habermas, Richard Falk, Norberto Bobbio, Luigi Ferrajoli, David Held. Essi hanno sostenuto che i processi di globalizzazione portano ad una graduale erosione della sovranità degli Stati e che questo fenomeno richiede una riforma delle istituzioni internazionali che avvii l’istituzione di un governo mondiale, a garanzia della pace e della giustizia a livello globale.

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